«Abbiamo un banco al mercato orientale, lavoriamo molto ma sabato voglio prendermi una pausa. Lascerò semmai Michele, mio marito, a occuparsi dei clienti e verrò a seguire una delle catechesi. E domenica saremo tutti e due alla Messa sul piazzale Kennedy». Lei è sarda e si è trasferita a Genova da meno di un mese, lui è genovese, ma “della provincia”: sono una coppia di sposi giovanissimi che vive la città solo per lavorare, «ma alle celebrazioni di questi giorni non vogliamo – dicono entrambi – rinunciare». Come Michele e Sara, tanti sono i genovesi che si aspettano di vedere, grazie al Congresso eucaristico, una città ancora più accogliente: le locandine rivolte ai partecipanti, affisse sui muri delle chiese e nei vicoli stretti, sono il primo segnale di benvenuto. Nonostante l’allarme meteo annunciato mercoledì, Genova già ieri pomeriggio risplendeva, pronta ad accogliere migliaia di persone: nei carruggi, mescolati ai turisti stranieri, si vedevano i primissimi con al collo il pass del Congresso eucaristico, con raffigurato il simbolo della città, la Lanterna, il pesce stilizzato, simbolo dei primi cristiani, rappresentazione iconica del mare e il cerchio oro che rappresenta il cuore di questo grande evento di Chiesa, l’Eucaristia. Anche le porte delle Basiliche del centro storico sono tutte aperte, grazie all’impegno dei volontari del “Progetto Chiese aperte”, uniti agli oltre 600 che hanno dato disponibilità per mettersi al servizio della propria città nei giorni del grande evento ecclesiale che riunisce la Chiesa nel segno del Pane spezzato. «Sì, sono qua per partecipare al Congresso eucaristico: Genova è una città che non avevo mai visto e mi sta sorprendendo con le sue Chiese e i vicoli stretti. E poi c’è l’odore del mare che sento dietro ogni angolo, anche senza vederlo» racconta Marco, un ragazzo di 27 anni, bolognese, sorridente, con un crocifisso al collo ben visibile. «Perché portare un simbolo cristiano è un modo per dire agli altri chi sono». Marco si ferma per una preghiera alla Chiesa della Vigna, come i genovesi chiamano la Basilica di Santa Maria della Vigne. Ed è lì che incontra uno dei volontari del Congresso eucaristico, Francesco Dodero «il mio cognome deriva da quello di una storica famiglia di pescatori che aveva trovato rifugio a Boccadasse» spiega orgoglioso l’anziano volontario al giovane Marco che resta affascinato ad ascoltare aneddoti sulla vita religiosa di Genova, ma anche su come abbia cambiato fisionomia il centro storico. Un cambiamento - visibile anche in tante altre città italiane - frutto delle migrazioni. E poi della crisi che ha colpito l’industria del porto: nei vicoli però tra piazza Banchi e l’abbazia di San Matteo, dove ci sono le case «addossate l’una all’altra non solo per ragioni di spazio e di antica sicurezza » - come ha scritto nel messaggio di benvenuto l’arcivescovo di Genova, il cardinale Bagnasco - vi è «anche una visione dell’esistenza, dello stare stretti, uniti gli uni agli altri per aiutarsi a vivere»: è quella visione in comunione che Genova sta rimettendo al centro in queste giornate del Congresso eucaristico.