Un momento della Messa solenne presieduta oggi in onore del patrono della diocesi di Fidenza san Donnino - *
«Il martire e patrono di Fidenza che onoriamo oggi, san Donnino, è stato testimone e maestro: da funzionario della corte imperiale ha lasciato gli agi di cui godeva e non ha rinnegato la sua fede. Per questo ha subito il martirio e con lui molti altri uomini e donne che in quei primi tre secoli dell’era cristiana non si sono piegati ai culti pagani. Anche in altri periodi della storia della Chiesa la fede è stata messa a dura prova: ma oltre al coraggio della testimonianza ha avuto il coraggio di rinnovare se stessa». Il richiamo alla vita dei cristiani come testimoni è arrivato oggi da Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e presidente della Commissione Cei per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes, presiedendo nella Cattedrale di Fidenza gremita di autorità e fedeli la Messa solenne del patrono della città e diocesi emiliana san Donnino, insieme al vescovo locale Ovidio Vezzoli e molti sacerdoti e religiosi. Prendendo spunto dal libro dei Maccabei, Perego all’omelia ha richiamato i cristiani a mettere anche oggi al centro la fede nel Signore e nei suoi comandamenti, «per affrontare la sofferenza e la fatica per la superbia e l’ingiustizia che dilagano attorno». Dopo aver citato i periodi fondamentali di riforma nella Chiesa, da quella gregoriana al Vaticano II, l’arcivescovo di Ferrara-Comacchio ha attualizzato la testimonianza di san Donnino al cammino sinodale in atto, «che, dopo l’ascolto e il discernimento, ci chiede il coraggio di gesti profetici per la riforma della Chiesa, ma anche gesti profetici nei confronti delle scelte da compiere rispetto a ciò che accade nel mondo: l’obiezione di coscienza alle armi, la condivisione delle risorse per abbattere le disuguaglianze tra i popoli, il dialogo con le religioni e con le Chiese, il cambiamento dello stile di vita per la cura del creato, l’impegno per la giustizia a favore della difesa della dignità dell’uomo». Di qui la riflessione finale: «Tutto questo non si ottiene a poco prezzo; abbiamo bisogno del coraggio della fede, ma soprattutto non dimentichiamo il centro della nostra vita: quel Gesù che un gruppo chiede a Filippo di “vedere”. E vedere vuol dire incontrare per essere trasformati da Lui».
Vezzoli: una sentinella nell'oscurità del nostro tempo
Anche il vescovo di Fidenza Vezzoli, presiedendo la Messa vespertina, ha paragonato san Donnino alla sentinella nella notte di Isaia: «L’oggi della parola profetica trova un particolare riscontro nel cammino ecclesiale delle nostre comunità spesso dimoranti nello scoraggiamento e nella desolazione, in questo tempo segnato dalla fragilità e da un senso di impotenza. A questa necessità non si possono frapporre deleghe né deroghe in attesa di tempi più favorevoli per elaborare soluzioni. Infatti, non è prioritario individuare vie d’uscita immediate, bensì cammini che impegnano in un processo di conoscenza della realtà complessa; è necessaria una riflessione umile e intelligente per giungere a scelte umane e sapienziali. La testimonianza di san Donnino martire di Cristo, sentinella nella notte della storia, custodisce la sua attualità che interpella ancora la comunità cristiana, chiamandola a vigilare nella oscurità del tempo presente, per riconoscere il sorgere dell’alba di un nuovo mattino. Dello splendore della luce dell’Evangelo, San Donnino è stato avvolto, indicando a noi il cammino verso la speranza che non delude».
La storia del martire e patrono
San Donnino, soldato dell’imperatore Massimiano, fu martirizzato 9 ottobre del 293 oppure 299 a Fidenza e la sua storia è raccontata
nei bassorilievi del Duomo, la cui cripta ne conserva le spoglie. La sua iconografia lo rappresenta dopo la morte con il capo mozzato in mano, come San Dionigi di Parigi. È protettore dei viandanti e pellegrini, perché la Cattedrale di Fidenza, ricostruita nel XII secolo, era una delle principali tappe lungo la Via Francigena.