lunedì 22 giugno 2009
COMMENTA E CONDIVIDI
L’acqua, però, si è presto asciugata, lasciando intatta l’emozione; e le rose fra poco appassiranno trattenendo vivo il ricordo di questo giorno. L’acqua è della pioggia, venuta da un cielo che, clemente, ha consentito che la Messa con il Santo Padre, sull’ampio sagrato del nuova chiesa dedicata a San Pio, giungesse alla fine, senza costringere agli ombrelli. Il cielo si è perfino squarciato. La tempesta sedata. Le rose, invece, sono quelle dei vivai di Terlizzi che hanno adornato e ingentilito questa giornata. Rosse quelle poste nella cripta; bianche, gialle ed arancio quelle che magnificavano l’altare. Appena la Messa è finita, i fedeli hanno raccolto queste rose recise. Ne hanno fatto dei mazzetti che hanno portato con loro. Adesso appassiranno in altri luoghi, nelle loro case vicine o anche molto lontane da qui. Sono un souvenir insolito per segnare un giorno per tanti aspetti speciale. Nessuno le butterà quando saranno appassite. Ci sarò qualcuno che aiuterà Costantina Di Lella che nasconde le rose sotto un impermeabile giallo perché la pioggia non ne rovini i petali. L’aiuterà a riporle in un posto sicuro, perché Costantina è costretta su una sedia a rotelle. A San Severo è la responsabile del Cus (Centro volontario della sofferenza), e lei la sofferenza la guarda in faccia e l’ha preso di petto. “Intanto ­– dice Costantina sorridendo – le metterò davanti alla Madonna della nostra associazione. Le lascerò seccare e le terremo con noi. Ci ricorderanno questo giorno, e sorrideremo perfino della pioggia”. Una volontaria la protegge con l’ombrello, lei allunga un braccio e saggia il tempo: “Che vi dicevo? ­– fa alle amiche – Avete visto? Non piove più”. Infatti ha smesso. Il sole dietro le nuvole si affaccia. Come se tutto cominciasse. Orsola e Eliana vengono da Morcone. Le rose che hanno preso andranno nel paesino dove Padre Pio fece il noviziato. Tutti quelli di Morcone, per questo, sui sentono particolarmente legati al Santo. Questa “amicizia” le ha portate spesso qui, ed oggi – giorno speciale – non potevano mancare. Ognuna ha preso due rose, gialle e arancio: “Segnano un giorno di grazia: ­– dice Orsola – la visita del Papa. Con lui Cristo è venuto nella terra di Padre Pio”. Le rose di Eliana, invece, appassiranno nel piccolo cimitero di Morcone, dove riposano i suoi cari. Eliana sui petali gialli vi ha scritto la preghiera recitata qui. Neppure Carmela De Meo, Maria Giovanna Riontino e le altre amiche vengono da lontano: Manfredonia è proprio qui vicino. Mostrando le rose, svelano un trucco: “Le terremo al buio sottosopra”…”E poi – aggiunge l’altra amica – le spruzzeremo di lacca. Quella per i capelli”, e assicurano che funziona. “Ci ricorderanno anche il nostro vescovo che ci lascia”, dice una delle due, riferendosi a monsignor D’Ambrosio, l’amministratore apostolico, destinato a guidare la diocesi di Lecce. “Gli abbiamo detto – aggiungono – di non dimenticarsi della parrocchia di San Camillo”. Di casa nel paesotto del Gargano è anche Giovanni Simonetti e la moglie Lucia. Da cavaliere, il marito le porta le rose. Ma le ha raccolte lei. “Il Papa – dice la donna – non lo avevamo mai visto così da vicino. Soltanto in televisione. Per questo, è stata una giornata ricca di emozione.” Erano venuti qui non molto tempo fa per pregare davanti al corpo di San Pio. Tornano a casa con questa nuova emozione che durerà anche quando le rose saranno appassite. Ha deciso dove le metterà. Su quel mobile del soggiorno, accanto alla foto che li vede nell’abito delle nozze, e basterà guardarle per rinnovare la preghiera, e ritornare col pensiero qui. Andranno a Pesaro invece le rose che ha raccolto Cristina Scatassa. È un bel fascio. Che se ne farà? Le darà a qualcuno? Appassiranno insieme? “Segneranno – dice ­– questo evento. Evento è la parola esatta. Il Papa potrei vederlo anche altre volte, ed io ero – aggiunge mostrando un immaginario spazio – proprio da qui a lì. Vedere il Papa qui, era possibile solo oggi. Non è stata curiosità. Ho sentito qualcosa che mi spingeva a venire, e non ho esitato. Vedrò queste rose un domani, e mi ricorderò che c’ero anche io”. Si fa avanti una famigliola. Il papà, la mamma e tre figlie. Sono di Canosa. Hanno una storia di sofferenza e di guarigione. “San Giovanni Rotondo – dice Sabino Travisani – è una meta frequente per noi. È stata lei – aggiunge indicando la moglie Lidia- ad affidarsi a Padre Pio”. Fu nove anni fa, quando nacquero premature Federica e Francesca. Per la primogenita Serena non ci furono problemi, ma la gravidanza delle due gemelle fu particolarmente difficile. Sono nate qui. Mamma Lidia si affidò ai medici di Casa Sollievo e al frate delle stimmate. Federica e Francesca si somigliano come due gocce d’acqua: “La maestra – dice divertita Federica (o Francesca?) – si confonde sempre”. Sono state battezzate nella chiesa del convento, e la mamma volle aggiungere anche il nome Pio. “Non potevo fare diversamente. – confida la mamma - Quando ho avuto bisogno, mi sono rivolto a Padre Pio e spesso l’ho sognato. Per tutta la gravidanza ho sempre sentito odore di fiori”. Come queste rose. Che ne faranno? “Le metterò in una busta di plastica”, dice Federica Pio, o forse è Francesca Pio. Come la maestra, confondiamo anche noi.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: