Assemblea commossa e partecipe, giovane e gioiosa a Modena, nel Palazzo dello sport, per la celebrazione in cui Rolando Rivi, seminarista ucciso in odio alla fede, è stato proclamato beato. Nel corso della lettura della lettera apostolica di papa Francesco in cui si affida al culto il giovane, il suo ritratto si scopriva sul palco e le campane della diocesi suonavano a festa. Il giovane, ucciso da partigiani comunisti accecati dall’odio ideologico, sarà ricordato il 29 maggio ed è diventato il patrono dei chierichetti dell’arcidiocesi di Modena-Nonantola. Circa 5mila persone hanno pregato, cantato e riflettuto sulla testimonianza di un giovane, che sarà additato ad esempio. «Qui si festeggiano i campioni dello sport – ha ricordato il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, che ha presieduto la celebrazione – e oggi festeggiamo un campione dello Spirito». Assieme al porporato hanno concelebrato anche numerosi vescovi dell’Emilia Romagna, tra i quali anche l’arcivescovo di Modena-Nonantola, Antonio Lanfranchi e il vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, Massimo Camisasca. «Il martirio di Rolando Rivi – ha affermato Amato nell’omelia – è una lezione di esistenza evangelica. Era troppo piccolo per avere nemici. Erano gli altri, che lo consideravano un nemico. Per lui tutti erano fratelli e sorelle. Egli non seguiva una ideologia di sangue e di morte, ma professava il Vangelo della vita e della carità». E ha proseguito: «Ecco cosa aveva Rolando nel suo cuore di bambino, un amore per tutti: amare non solo i genitori e i fratelli, ma anche i nemici, fare del bene a chi lo odiava e benedire chi lo malediceva. Era questa – e lo è ancora – una dottrina rivoluzionaria, certo, ma nel senso buono, perché porta ad atteggiamenti di fraternità, di tolleranza e di rispetto della libertà altrui, senza soprusi, senza imposizioni forzate e senza spargimento di sangue». Che cosa ci insegna Rolando oggi? «Sono quattro le parole che il beato Rolando Rivi ci consegna: perdono, fortezza, servizio e pace». Il perdono che sana le ferite, la fortezza, in modo che nulla ci separi dall’amore di Cristo, il servizio, quello del chicco di grano che porta frutto morendo e infine la pace. «Ora – ha proseguito il porporato – non è tempo di pianto ma di gioia, non è tempo di divisione ma di comunione, non è tempo di inimicizia ma di fraternità». L’invito è ad uscire dalla celebrazione «con il cuore e la mente pieni di perdono e sgombri di ogni ombra di contrasto. Nei pochi giorni della nostra vita mortale, il nostro piccolo beato ci invita a vivere da fratelli e da amici, condividendo solo il bene e mai il male». Rolando «si rivolge ai seminaristi d’Italia e del mondo, esortandoli a rimanere fedeli a Gesù, a essere fieri della loro vocazione sacerdotale e a testimoniarla senza rispetto umano, con gioia, serenità e carità». Tutta la gioia della Chiesa modenese nelle parole di Lanfranchi, che ha ringraziato papa Francesco, per il dono di questo giovane beato nell’Anno della fede, perché «in Rolando Rivi vediamo risplendere quella luce, di cui parla papa Francesco nella
Lumen Fidei, che avvolge tutta la persona, orientandola al dono totale di sé, e dalla persona si irradia sulla società, per diventare fermento di riconciliazione, di unità, di pace e di fraternità». L’arcivescovo ha poi affidato all’intercessione di Rivi «in particolare, oltre ai seminaristi e ai chierichetti, i giovani, perché sostenuti nel prendere decisioni coraggiose e definitive in ordine alla chiamata del Signore». La presenza di tanti fedeli, numerosi e partecipi, insieme a coloro che hanno seguito la celebrazione dalla televisione e via internet, «riveste tanti significati, che insieme evidenziano il carattere popolare della santità».