giovedì 19 marzo 2009
La solennità odierna è occasione per approfondire l’importanza di una figura troppo spesso trascurata. Vent’anni fa Giovanni Paolo II dedicava al padre terreno di Gesù l’esortazione apostolica «Redemptoris custos»
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Nel centenario della Quamquam pluries di Leone XIII – la prima enciclica dedicata a san Giuseppe (datata 15 agosto 1889) – Giovanni Paolo II promulgò, venti anni fa, la Redemptoris custos (15 agosto1989), l’esortazione apostolica sulla figura e la missione di san Giuseppe nella vita di Cristo e della Chiesa. L’importanza del padre terreno di Gesù nella storia della salvezza è legata al mistero dell’incarnazione, fondamento della redenzione; «San Giuseppe è stato chiamato da Dio a servire direttamente la persona e la missione di Gesù mediante l’esercizio della paternità: proprio – scrive papa Wojtyla – in tal modo egli coopera nella pienezza dei tempi al grande mistero della redenzione ed è veramente 'ministro della salvezza. Tutta la vita cosiddetta «privata» o «nascosta» di Gesù è affidata alla sua custodia» ( Rc 8). A distanza di venti anni, e volendo fare un bilancio sulla conoscenza e la diffusione dell’esortazione apostolica, possiamo affermare che quella che è considerata dagli specialisti la «Magna charta della josefologia» (cioè degli studi su san Giuseppe) purtroppo ancora non è recepita adeguatamente. Di conseguenza, il ruolo e la figura stessa del santo carpentiere, continuano a rimanere nell’oblio e, tra banalità o superficialità, Giuseppe rimane spesso quel «povero vecchietto silenzioso» che ci viene presentato dagli apocrifi. Ecco allora che la solennità odierna, dedicata appunto a san Giuseppe, diventa occasione per approfondire la conoscenza del custode del Redentore. Sottolinea il «Direttorio su pietà popolate e liturgia» che «è conveniente abituare i fedeli a discernere il valore e il significato delle feste di quei santi e di quelle sante che hanno avuto una missione particolare nella storia della salvezza e un rapporto singolare con il Signore Gesù, quali san Giuseppe»; inoltre «è necessario che la festa del santo sia accuratamente preparata dal punto di vista liturgico e pastorale. Ciò comporta una corretta presentazione della figura del santo…tale presentazione si soffermerà non tanto sugli elementi leggendari…né sul suo potere taumaturgico, quanto sul valore della sua personalità cristiana, sulla grandezza della sua santità e l’efficacia della testimonianza con cui arricchì la vita della Chiesa».. Per un rilancio della figura di san Giuseppe, dunque, potrebbe essere efficace lo studio e l’approfondimento teologico­pastorale della Redemptoris custos mediante la predicazione e la catechesi nelle proprie comunità locali. Ciò permetterà, anche, di raggiungere gli auspici di Giovanni Paolo II laddove si augura che «crescano in tutti la devozione al patrono della Chiesa universale e l’amore al Redentore, che egli esemplarmente servì. In tal modo l’intero popolo cristiano non solo ricorrerà con maggior fervore a san Giuseppe e invocherà fiduciosamente il suo patrocinio, ma terrà sempre dinanzi agli occhi il suo umile, maturo modo di servire e di 'partecipare' all’economia della salvezza … il riconsiderare la partecipazione dello sposo di Maria al riguardo consentirà alla Chiesa, in cammino verso il futuro insieme con tutta l’umanità, di ritrovare continuamente la propria identità nell’ambito di tale disegno redentivo, che ha il suo fondamento nel mistero dell’Incarnazione. Proprio a questo mistero Giuseppe di Nazareth 'partecipò' come nessun’altra persona umana, ad eccezione di Maria». ( Rc 1).
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