«La libertà non ci fa paura. Chi ne ha paura non è degno del nome cristiano, poiché la nostra aria è la libertà. Ora, sull’aria non si fanno né discussioni né calcoli. L’aria la si paga a ogni prezzo, e se la persecuzione è il suo pedaggio, non ci rifiutiamo di pagarlo » . Basterebbe questa lunga citazione, tratta da un discorso pubblicato nel febbraio 1947, per impegnare in una lunga meditazione sul posto che i cristiani devono occupare nel nostro tempo. Una provocazione che scende ancora più in profondità se posta a specchio della figura del sacerdote. In realtà è solo uno dei tanti spunti che don Primo Mazzolari, a 50 anni dalla morte, continua a porre sul cammino della Chiesa italiana e dei suoi pastori. Spunti che il sacerdote rogazionista Leonardo Sapienza, addetto al protocollo della Prefettura della Casa pontificia, ha voluto raccogliere in un volume stampato per i tipi dell’Editrice Rogate. «Il prete di Adesso » ( 144 pagine, 12 euro) non è solo la raccolta degli articoli pubblicati da don Mazzolari sulla rivista da lui stesso fondata nel 1948, « Adesso » , e dedicati alla figura e al ruolo del sacerdote. Gli scritti curati da padre Sapienza, infatti, da un lato offrono un ritratto di un particolare momento storico in cui un’Italia confusa cercava di tracciare un nuovo futuro, e dall’altro indica i tratti essenziali che danno corpo e sostanza alla vita dei sacerdoti in ogni tempo. Indicazioni scaturite dall’esperienza di don Primo, nato a Cremona il 13 gennaio 1890, divenuto sacerdote nel 1912, parroco di Bozzolo ( Mantova) dal 1932, strenuo difensore della non violenza negli anni della guerra, che morì il 12 aprile di 50 anni fa, nel 1959. Fedele al «carisma» del suo quindicinale, il cui titolo rimanda a una visione fortemente «incarnata» nella storia della fede, Mazzolari offre un ritratto preciso del prete. «Il prete di adesso – scrive Sapienza nell’introduzione al volume – è colui che è convinto che ' predicando soltanto non si fa la rivoluzione cristiana'. Il prete di adesso è colui che ha capito che 'ci si salva salvando: ci si salva con gli altri, ci si salva insieme'. Il prete di adesso è uno che ' ama la Chiesa perdutamente, perché la Chiesa è la custode dell’eterno e io voglio rimanere nell’eterno'. Il prete di adesso è uno che pensa che l’importante 'è seminare, seminare ovunque, seminare sempre, anche quando vede venire gli uccelli dell’aria a mangiare il seme'». Ideali, sottolinea Sapienza, che Mazzolari ha fatto propri fino alla fine, con una fedeltà esemplare. A 50 anni dalla scomparsa sembra quasi un autoritratto il passo dell’articolo pubblicato il primo marzo 1949 in cui don Primo definiva il sacerdote come un «pellegrino»: «Egli è il viator non soltanto per l’inquietudine dell’eterno, che possiede in comune con ogni uomo, ma per vocazione e offerta. Si deve tutto a tutti, e lui non si può mai abbandonare interamente a nessuna creatura. È un pane di comunione che tutti possono mangiare, ma di cui nessuno ha l’esclusiva». Una vera e propria «scuola di vita», quindi, quella offerta da Mazzolari con i suoi articoli, che, anche se datati, non perdono alcunché della loro incisività. Anche nell’insegnare uno stile, che è quello della fraternità. Stile che don Primo mantiene anche nel rivolgersi, senza rinunciare alla fermezza, anche a quelli che lui chiama i « pastori smarriti», i sacerdoti scomunicati. «Ti assicuro – scriveva il 31 maggio 1949 a uno di essi – che l’attesa del mio cuore in continua preghiera per te, è più forte d’ogni tuo disperato rifiuto». Parole di un maestro, che dopo mezzo secolo continua a insegnare.