domenica 8 aprile 2012
Veglia pasquale, al culmine del Triduo, nella Basilica di San Pietro. Benedetto XVI ricorda che con il Battesimo Dio «ha costruito un ponte verso di noi». Il Papa: è il giorno di un’altra creazione. La luce di Cristo vince il buio. L’uomo dispone di «molte illuminazioni che ci danno un potere incredibile»; non sono però solo progressi ma anche minacce che mettono in pericolo noi e il mondo. Solo dalla fede viene l’autentica illuminazione. Durante il rito il Pontefice ha amministrato i Sacramenti dell’iniziazione cristiana a otto catecumeni provenienti da quattro continenti. Oggi la benedizione Urbi et Orbi.
L'omelia della Veglia pasquale
Così la vita merita nome di Ermes Ronchi
La chiave semplice di Salvatore Mazza
Realtà e tenerezza di Marina Corradi
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Una luce nella notte. E subito dopo un grido di gioia. Il canto dell’Exultet, che annuncia la Risurrezione di Cri­sto. Nella Basilica Vaticana, come in tutte le chiese del mondo, luce e canto hanno an­nunciato ieri sera che «la vita è più forte del­la morte, il bene è più forte del male, l’amo­re è più forte dell’odio, la verità è più forte della menzogna». E le parole di Benedetto X­VI nell’omelia hanno ac­compagnato, spiegandola nei suoi profondi significati, la madre di tutte le Veglie. «Pasqua – ha detto il Papa – è la festa della nuova creazione». Ma proprio per questo «la Chiesa comincia in tale giorno la liturgia con l’antica creazione, affinché impariamo a ca­pire bene quella nuova». Ricchissimo è infatti l’insieme dei riti che compongono la Veglia pasquale. Si è comin­ciato, come vuole la tradizione, con la bene­dizione del fuoco, cui è seguita la processio­ne in Basilica con il cero pasquale, la cele­brazione della Liturgia della Parola e di quel­la battesimale. Sono stati otto ieri sera, i ca­tecumeni, di quattro continenti, che hanno ricevuto i Sacramenti dell’iniziazione cristia­na (Battesimo, Cresima e Eucaristia). E infi­ne la Veglia è terminata con la liturgia euca­ristica e i riti conclusivi. Papa Ratzinger, nella sua omelia, ha come preso per mano i fedeli, conducendoli a com­prendere meglio i diversi momenti. La luce in­nanzitutto. Quella luce che poco prima, con un effetto altamente suggestivo, si era diffu­sa in Basilica di candela in candela, risalen­do dal fondo verso l’altare. La luce, ha spie­gato il Pontefice, «rende possibile la vita. Ren­de possibile l’incontro. Rende possibile la co­municazione. Rende possibile la conoscen­za, l’accesso alla realtà, alla verità. La luce per­tanto è anche espressione del bene che è e crea luminosità». Con la Risurrezione, dun­que, «Dio ha detto nuovamente “Sia la luce!”». Così Gesù «ci attira tutti dietro di sé nella nuo­va vita della Risurrezione e vince ogni forma di buio». Benedetto XVI si è soffermato in maniera par­ticolare su questo dualismo luce-buio. «Il buio su Dio e sui valori è la vera minaccia per la no­stra esistenza e per il mondo in generale – ha sottolineato –. Se Dio e i valori, la differenza tra il bene e il male restano nel buio, allora tut­te le altre illuminazioni, che ci danno un po­tere così incredibile, non sono solo progres­si, ma al contempo sono anche minacce che mettono in pericolo noi e il mondo». Ma come può la Risurrezione di Cristo en­trare nella nostra vita e diventare una realtà in cui siamo coinvolti? La risposta di Bene­detto XVI è stata chiarissima: «Mediante il Battesimo e la Professione di fede, il Signore ha costruito un ponte verso di noi». Cristo «prende per mano» ogni uomo, ha ricordato il Papa anche e soprattutto agli otto catecu­meni provenienti da Italia, Albania, Slovac­chia, Germania, Turkmenistan, Camerun e Stati Uniti d’America, che sono stati battez­zati durante la Veglia pasquale. Infine il Pontefice ha invitato a guardare il ce­ro che resterà acceso durante tutto il tempo di Pasqua. «Il cero vive in virtù del sacrificio», cioè «consumando se stesso». Così è il mi­stero di Cristo che si dona agli uomini e li il­lumina di luce che emana calore. Inoltre, poi­ché la cera è opera delle api, questo è anche un simbolo ecclesiale. «La nostra comunio­ne – ha concluso il Papa – esiste affinché la luce di Cristo possa illuminare il mondo».
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