Non c’è sviluppo senza dialogo tra culture e rispetto delle differenze. Nel secolo dei grandi flussi migratori, Papa Benedetto XVI indica qual è la via perché l’inevitabile incontro tra i popoli sia armonico e fecondo per la crescita dell’umanità. Joseph Ratzinger analizza il fenomeno e le sue ripercussioni ricevendo in udienza i partecipanti al VI Congresso mondiale della Pastorale dei Migranti e dei rifugiati, in corso in Vaticano. Al problema dell’immigrazione, che rappresenta uno dei «grandi cambiamenti sociali in atto», il Papa dice che «occorre dare risposte, avendo chiaro che non ci può essere uno sviluppo effettivo se non si favorisce l’incontro tra i popoli, il dialogo tra le culture e il rispetto delle legittime differenze». In questa ottica ciò che è percepito come un problema può essere invece un’opportunità: «Perché non considerare l’attuale fenomeno mondiale migratorio – propone il Papa – come condizione favorevole per la comprensione tra i popoli e per la costruzione della pace e di uno sviluppo che interessi ogni Nazione?». Per il Santo Padre «le migrazioni invitano a mettere in luce l’unità della famiglia umana, il valore dell’accoglienza, dell’ospitalità e dell’amore per il prossimo. Ciò va però tradotto in gesti quotidiani di condivisione, di compartecipa-zione e di sollecitudine verso gli altri, specialmente verso i bisognosi». Un richiamo prima di tutto per la comunità cristiana: «Per essere accoglienti gli uni degli altri - insegna san Paolo - i cristiani sanno di dover essere disponibili all’ascolto della Parola di Dio, che chiama a imitare Cristo e a restare uniti a Lui. Solo in tal modo essi diventano solleciti nei confronti del prossimo e non cedono mai alla tentazione del disprezzo e del rifiuto di chi è diverso». Papa Benedetto XVI ha ben chiara la difficile situazione di chi parte: «Oggi, molti migranti abbandonano il loro Paese per sfuggire a condizioni di vita umanamente inaccettabili, senza però trovare altrove l’accoglienza che speravano. Di fronte a situazioni così complesse, come non fermarsi a riflettere sulle conseguenze di una società basata fondamentalmente sul mero sviluppo materiale?». Il Pontefice cita la sua enciclica
Caritas in veritate là dove afferma che «vero sviluppo è solo quello integrale, quello cioè che interessa ogni uomo e tutto l’uomo». Le migrazioni, sottolinea il Pontefice, «non avevano mai assunto un rilievo così grande per consistenza e per complessità di problematiche, come oggi. Interessa ormai quasi tutti i Paesi del mondo e si inserisce nel vasto processo della globalizzazione. Donne, uomini, bambini, giovani e anziani, a milioni affrontano i drammi dell’emigrazione talvolta per sopravvivere, più che per cercare migliorate condizioni di vita per sé e per i loro familiari. Si va infatti allargando sempre più il divario economico fra Paesi poveri e quelli industrializzati». Ora poi c’è anche «la crisi economica mondiale», che «con l’enorme crescita della disoccupazione, riduce le possibilità di impiego e aumenta il numero di coloro che non riescono a trovare neppure un lavoro del tutto precario: tanti – rileva papa Ratzinger – si vedono allora costretti ad abbandonare le proprie terre e le loro comunità di origine; sono disposti ad accettare lavori in condizioni per nulla consone alla dignità umana con un inserimento faticoso nelle società di accoglienza a causa della diversità di lingua, di cultura e degli ordinamenti sociali. Ogni comunità cristiana non può non nutrire rispetto e attenzione per tutti gli uomini, creati a immagine e somiglianza di Dio e redenti dal sangue di Cristo, ancor più quando si trovano in difficoltà». Ecco allora, conclude il Papa, «perché la Chiesa invita i fedeli ad aprire il cuore ai migranti e alle loro famiglie, sapendo che essi non sono solo un "problema", ma costituiscono una "risorsa" da saper valorizzare opportuna-mente per il cammino dell’umanità e per il suo autentico sviluppo». Infine un parallelo con la Sacra Scrittura: «La condizione dei migranti, ed ancor più quella dei rifugiati, richiama alla mente, la vicenda dell’antico popolo biblico che, in fuga dalla schiavitù dell’Egitto con il sogno nel cuore della terra promessa, attraversò il Mar Rosso e, anziché giungere subito alla meta desiderata, dovette affrontare le asperità del deserto».