Il Papa, i comici e perché l'umorismo è una grazia in tempi bui come questi
venerdì 14 giugno 2024

Il sacerdote salesiano imitava perfettamente Stanlio e Ollio, ovvero Stan Laurel e Oliver Hardy. E parlando con i ragazzi di allora, più o meno una trentina di anni fa, spiegava la sua convinzione: quei due saranno andati in Paradiso per tutte le persone che hanno fatto ridere. Eh sì, perché anche se tanta teologia reputa “il comico” di Serie B rispetto al “tragico”, una buona risata non abbassa ma spinge in alto, verso il cielo. Proprio come diceva Chesterton secondo cui «è facile essere pesanti e difficile essere leggeri. Satana è caduto per la forza di gravità». Dove a finire sotto accusa è l’orgoglio egolatra, il narcisismo che rende più difficile la liberazione da sé stessi, tappa fondamentale nel cammino di avvicinamento dell’uomo a Dio. Così ci azzardiamo a definire “leggerissimo” l’incontro del Papa con gli artisti dello humour, da Lino Banfi a Enrico Brignano, da Carlo Verdone a Luciana Littizzetto, da “sister act” Whoopi Goldberg a Chris Rock, da Jimmy Fallon a Stephen Colbert. Significativamente l’udienza è stata programmata il 14 giugno prima della partenza per il G7 pugliese, quasi a volersi dotare di ali robuste che non siano tirate giù dalla pesantezza dei temi in agenda nel vertice dei grandi del mondo. O, meglio, il dialogo con i comici può regalare aria fresca con cui far volare l’anima oltre gli egoismi mascherati da bene comune, al di là degli interessi particolari che rischiano di allargare una forbice sempre più ampia tra chi ha molto, quasi tutto e chi pochissimo, quasi niente.

Malgrado questo non sarebbe giusto ritenere che nel mondo di oggi tra conflitti, crisi ambientali e discriminazioni non ci sia spazio per un sorriso. Semmai è il contrario, visto che proprio l’umorismo è sempre più spesso il linguaggio delle riflessioni serie sulla condizione umana e le tragedie contemporanee. Inoltre, una risata, se pulita e rispettosa, crea empatia, avvicina le distanze, rafforza i legami. «Mi fa tanto ridere», spiega la ragazza del proprio fidanzato con cui sta «benissimo». Passando ai piani più alti, ai gradi maggiori nella gerarchia dei ruoli, è lo stesso. Quanti conflitti sono stati evitati dalla simpatia reciproca, quante visioni maligne hanno dovuto cedere di fronte all’empatia nata tra persone teoricamente molto distanti. «Un sorriso non costa nulla e rende molto – è un’espressione attribuita a madre Teresa di Calcutta -. Arricchisce chi lo riceve, senza impoverire chi lo dona». Si dirà che è romanticismo da messaggi per cioccolatini. Può darsi, ma la bellezza del sentirsi uniti nasce proprio così, dalle piccole cose, nello sguardo che indaga alla ricerca del meglio di cui è portatrice l’altra persona. Usando un’immagine rubata alla teologia, si potrebbe definirla leggerezza dello spirito contro la pesantezza del male. Significa che la pienezza della felicità, cioè la volontà del Padre per ciascuno dei suoi figli, la si raggiunge più facilmente senza l’inutile zavorra del proprio egoismo, scevri dalla tristezza disegnata negli occhi impegnati a scoprire i difetti e gli errori di chi si ha di fronte.

«Chiedo tutti i giorni la grazia del senso dell’umorismo – ha confessato spesso papa Francesco – perché ti solleva, ti fa vedere il provvisorio della vita e a prendere le cose con uno spirito di anima redenta. È un atteggiamento umano, ma il più vicino alla grazia di Dio». Ecco il senso del comico, dell’allegria che illumina gli angoli bui dell’uomo. La persona troppo seria rischia di ridurre l’esistenza a una continua, drammatica scelta tra il bene e il male, in cui sbagliare decisione rischia di farci precipitare in un abisso inesorabile. Ovviamente non è così, la difficile arte di vivere è in realtà semplicissima. Per capirlo basta regalarsi una carezza sorridente e ricordare che humour significa anche spirito. Cioè ali con cui andare oltre il proprio io. In “Ortodossia” Chesterton sottolinea come il Beato Angelico «abbia rappresentato tutti i suoi angeli non soltanto come uccelli ma quasi come farfalle». È quella la meta per ciascuno di noi: diventare come farfalle sorridenti. Per volare nel cielo di Dio.

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