"Dio benedica il Camerun! Dio benedica l'Africa!". Con queste invocazioni Benedetto XVI ha concluso il suo discorso alla cerimonia di benvenuto all'aeroporto di Youndè. "Il Camerun - ha affermato in risposta al discorso del presidente Paul Biya - è effettivamente terra di speranza per molti nell'Africa Centrale. Migliaia di rifugiati dai Paesi della regione devastati dalla guerra hanno ricevuto qui accoglienza. È una terra di vita, una terra di pace: risolvendo mediante il dialogo il contenzioso sulla penisola Bakassi, Camerun e Nigeria hanno mostrato al mondo che una paziente diplomazia può di fatto recare frutto. È una terra di giovani, benedetta con una popolazione giovane piena di vitalità e impaziente di costruire un mondo più giusto e pacifico"."Giustamente - ha osservato il Papa tra gli applausi della piccola folla di notabili ammessi alla cerimonia - il Camerun viene descritto come un'Africa in miniaturà, patria di oltre duecento gruppi etnici differenti che vivono in armonia gli uni con gli altri. Sono, queste, altrettante ragioni per lodare e ringraziare Dio". Papa Ratzinger ha poi ricordato che il Camerun si avvicina al cinquantesimo anniversario della sua indipendenza: "desidero aggiungere - ha detto - la mia voce al coro dei rallegramenti e degli auspici che i vostri amici in ogni parte del mondo vi invieranno in tale lieta occasione". In Camerun, ha sottolineato ancora il Pontefice nel suo discorso, "oltre un quarto della popolazione è cattolica, la Chiesa è ben piazzata per portare avanti la sua missione per la salute e la riconciliazione. Nel Centro Cardinal Leger, potrò osservare di persona la sollecitudine pastorale di questa Chiesa locale per le persone malate e sofferenti; ed è particolarmente encomiabile che i malati di Aids in questo Paese siano curati gratuitamente. L'impegno educativo - ha ricordato - è un altro elemento-chiave del ministero della Chiesa, ed ora vediamo gli sforzi di generazioni di insegnanti missionari portare il loro frutto nell'opera dell'Università Cattolica dell'Africa Centrale, un segno di grande speranza per il futuro della regione". "Con gratitudine - ha aggiunto - registro la presenza di membri di altre Confessioni cristiane e di seguaci di altre religioni. Unendovi a noi in questo giorno, voi offrite un chiaro segnale della buona volontà e dell'armonia che esiste in questo Paese tra persone di differenti tradizioni religiose. Vengo tra voi - ha detto - come pastore. Vengo per confermare i miei fratelli e le mie sorelle nella fede. Questo è stato il compito che Cristo ha affidato a Pietro nell'Ultima Cena, e questo è il ruolo dei successori di Pietro. "Di fronte al dolore o alla violenza, alla povertà o alla fame, alla corruzione o all'abuso di potere, un cristiano non può mai rimanere in silenzio", ha detto ancora papa Benedetto XVI. "Anche in mezzo alle più grandi sofferenze - ha spiegato il pontefice -, il messaggio cristiano reca sempre con sè speranza". "Qui, in Africa - ha proseguito -, come pure in tante altre parti del mondo, innumerevoli uomini e donne anelano ad udire una parola di speranza e di conforto. Conflitti locali lasciano migliaia di senza tetto e di bisognosi, di orfani e di vedove". Benedetto XVI ha accennato ai tanti abitanti dell'Africa "crudelmente rapiti e portati oltremare a lavorare come schiavi", al traffico di esseri umani, "specialmente di inermi donne e bambini". "In un tempo di globale scarsità di cibo, di scompiglio finanziario, di modelli disturbati di cambiamenti climatici - ha sottolineato -, l'Africa soffre sproporzionatamente: un numero crescente di suoi abitanti finisce preda della fame, della povertà, della malattia. Essi implorano a gran voce riconciliazione, giustizia e pace, e questo è proprio ciò che la Chiesa offre loro".