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La misericordia corre più veloce del diritto e quindi la salvezza delle anime è preoccupazione prioritaria rispetto al bilanciamento rigoroso di codici e norme. Ecco perché il Papa, a soli tre mesi dalla pubblicazione dei testi, con decisione ampiamente annunciata, ha voluto far entrare in vigore ieri le due lettere Motu proprio che riformano il processo per la nullità matrimoniale.
Anche se non ancora tutto è chiaro nell’applicazione dei nuovi documenti, all’avvio dell’anno giubilare sarebbe mancato un tassello importante senza un gesto concreto verso le persone separate in nuova unione che si interrogano sulla validità del proprio matrimonio ma che talvolta fanno fatica a dare risposte sollecite alla propria coscienza. Da qui la preoccupazione di papa Francesco, che già l’8 settembre scorso, anticipando le indicazioni del Sinodo ordinario, aveva deciso di diffondere i due documenti, Mitis Iudex Dominus Iesus e Mitis et misericors Iesus (quest’ultimo che riguarda il codice dei canoni delle Chiese orientali) proprio con l’obiettivo di farne un punto fermo nell’avvio dell’Anno dedicato alla misericordia.
D’altra parte l’esigenza di snellire e di semplificare le procedure per la verifica della nullità matrimoniale era stata espressa in modo palese già nel Sinodo straordinario dell’ottobre 2104, come richiesta condivisa a larghissima maggioranza da cardinali e vescovi di tutto il mondo. I testi entrati in vigore ieri, ispirati all’accoglienza e alla mitezza di Gesù, come anche recitano i titoli stessi, rispondono proprio a questi obiettivi: favorire la celerità dei processi e la 'giusta semplicità' degli stessi, affinché – come aveva spiegato Francesco introducendo i nuovi testi – «il cuore dei fedeli che attendono il chiarimento del proprio stato non sia lungamente oppresso dalle tenebre del dubbio».
IL NUOVO RUOLO DEI VESCOVI
La riforma del Papa affida al vescovo diocesano due tipi di processo, quello 'breve' e quello ordinario. Nel primo caso il presule può decidere da solo. Anche se non sarà lui personalmente a istruire la causa, ma il vicario giudiziale o un suo collaboratore. Nel secondo caso il processo si svolge in modo tradizionale, ma basterà un solo grado di giudizio, mentre finora per arrivare alla sentenza di nullità servivano due giudizi concordi, un primo grado e un appello. «Si auspica che nelle grandi come nelle piccole diocesi – scrive il Papa – lo stes- so vescovo offra un segno di conversione delle strutture ecclesiastiche e non lasci completamente delegata agli uffici della curia la funzione giudiziaria».
QUALI CRITERI PER IL PROCESSO BREVE?
L’articolo 5 del Motu proprio spiega che il procedimento rapido – che secondo le interpretazioni più accreditate dovrebbe concludersi in un tempo che va da due settimane a un mese – può avviarsi se la domanda è posta da entrambi i coniugi e sono presenti «circostanze che rendono manifesta la nullità». Nella successiva spiegazione si entra meglio nel dettaglio, elencando alcune di queste circostanze (mancanza di fede, aborto procurato, occultamento doloso della sterilità) e concludendo con un 'ecc.' che sembra aprire la strada ad altre eventualità. Ma il diritto, come hanno fatto notato alcuni esperti, ha bisogno di indicazioni certe, perché quando c’è in gioco la sorte di un matrimonio occorre mettere da parte le interpretazioni arbitrarie. Quindi né rigorismi né lassismi.
IL CASO DEI 'TRIBUNALI REGIONALI'
Indicando la necessità che ogni vescovo, «nelle grandi come nelle piccole diocesi », svolga direttamente il suo ministero giudicante, il Motu propriosembra disporre il superamento dei tribunali regionali. Anche poi se lascia aperta la porta alla possibile formazione di tribunali interdiocesani e all’intervento delle metropolie, quando si rendesse necessario un secondo grado di giudizio. La questione è stata lungamente dibattuta in questi mesi e rimane tuttora un punto che necessita di un chiarimento definitivo. Proviamo a riassumere la complessa questione. I tribunali ecclesiastici regionali sono stati istituiti in Italia da Pio XI, con il Motu proprio' Qua cura' dell’8 dicembre 1938. Il documento aveva valore solo per l’Italia. Nel codice di diritto canonico (canone 20) si spiega esplicitamente che le norme universali – come appunto il Motu proprio di papa Francesco – hanno forza derogatoria rispetto a quelle locali. Ma il legislatore deve indicarlo esplicitamente. Cosa che nel testo entrato in vigore ieri non è spiegato. A questo punto, secondo alcune interpretazioni, la sopravvivenza dei tribunali regionali sarebbe legata alle decisioni delle Regioni ecclesiastiche da cui dipendono.
NUOVI TRIBUNALI DIOCESANI?
E se i singoli vescovi, decidendo di istituire un proprio Tribunale diocesano, volessero recedere dal Tribunale regionale? Anche in questo caso le interpretazioni sono diverse. C’è chi sostiene che sarebbe necessaria una dispensa della Santa Sede e chi invece ritiene che, per quanto riguarda le cause brevi, non sarebbe necessario istituire alcun tribunale, visto che il vescovo potrà decidere come 'giudice monocratico'. Continuerebbe invece ad essere necessario il ricorso al Tribunale regionale per quanto riguarda le cause ordinarie.
IL PRIMATO DELLA MISERICORDIA
Ma tutti questi interrogativi, pur legittimi e importanti, possono far passare in secondo piano lo spirito della decisione di Francesco, che è quello del «ripristino della vicinanza tra il giudice e i fedeli»? Quello di trasmettere un’immagine di Chiesa che cammina accanto alle persone più fragili e più bisognose di accoglienza e di condivisione, come appunto quelle che soffrono per la disgregazione della propria famiglia? Da qui la scelta di avviare anche in tempi così rapidi un nuovo percorso di misericordia e di giustizia, che sarà poi messo a punto sulla basi delle indicazioni, delle richieste, delle situazioni concrete che emergeranno a livello locale. Insomma, si parte. E, nello spirito giubilare, si potrà intervenire poi con limature e ritocchi.