Risuonano le note del Silenzio, mentre cade il velo che scopre la bianca statua di Giovanni Paolo II sul piazzale del Policlinico «Gemelli». E nel silenzio pare di riascoltare il suo famoso «Non abbiate paura». Così si intitola, infatti, la grande scultura dell’artista toscano Stefano Pierotti, inaugurata ieri pomeriggio nel nosocomio romano che lo ospitò per nove volte e complessivi 153 giorni. E questo è anche il messaggio che vuole trasmettere a quanti arrivano o vanno via. Perché, come fa notare l’arcivescovo di Cracovia, cardinale Stanislaw Dziwisz nel suo discorso, «il Papa sarebbe contento di stare giorno e notte in compagnia di chi è ammalato, di chi soffre nella carne e nello spirito, di chi è nell’incertezza circa il proprio futuro, di chi spera e di chi prega». La cerimonia si svolge in un clima semplice e solenne al tempo stesso. La banda dei carabinieri all’inizio esegue gli inni vaticano e di Mameli, poi i saluti del rettore dell’Università Cattolica, Lorenzo Ornaghi e del sindaco di Roma, Gianni Alemanno. «Questa è una statua collocata nel cuore della capitale», dice il primo cittadino davanti al parterre degli ospiti, tra i quali il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i vescovi, il vescovo Renato Boccardo, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta e il direttore di Avvenire Dino Boffo. Quindi la scultura viene scoperta e il segretario personale di Papa Wojtyla tiene il suo discorso. Ma mentre le parole si susseguono, tutti gli sguardi convergono sulla statua che ritrae il Papa in una posizione ben nota a quanti lo hanno amato. Il capo chino in avanti, un’espressione intensa che manifesta un profondo raccoglimento in preghiera e il corpo appoggiato alla croce astile che per 26 anni è stato il suo pastorale. Davvero la scultura posta sul piazzale antistante l’ingresso principale dà una consistenza anche fisica alla presenza spirituale del Pontefice che si respira in questo ospedale. Qui, ricorda Dziwisz, «il Papa recitò per 21 volte l’Angelus domenicale. Qui ebbe meta la sua prima uscita dal Vaticano (il 18 ottobre 1978), ma anche la sua ultima uscita (per l’ultimo ricovero che si svolse dal 24 febbraio al 13 marzo 2005). Per un misterioso disegno della Provvidenza, dunque, l’arcata del suo pontificato porta – all’inizio e alla fine – il sigillo di questo Policlinico». Del resto, aggiunge il porporato, «quella del dolore fu, per lui, come una vocazione nella vocazione, un’intonazione che ha attraversato tutto il suo ministero». E alla fine, «tutto il pontificato è stato come solcato dal dolore, con momenti particolarmente tragici come quello dell’attentato ». Interpellato poi dai giornalisti sulla beatificazione di Giovanni Paolo II, il suo ex segretario personale risponde: «Speriamo che avvenga presto, ma lasciamo a Benedetto XVI la libertà di decidere. Non insistiamo, il processo deve essere fatto bene, senza fretta». Il binomio tra il Papa e il «Gemelli» viene rimarcato anche dal rettore della Cattolica, Lorenzo Ornaghi. «La statua – sottolinea – è destinata, da oggi in poi, a costituire ben più di un momento di rinnovata commozione e filiale devozione a chi per oltre 26 anni ci è stato Padre santo e caro». Essa «per sempre resterà indicazione e rappresentazione visibile della cattedra di dolore, di speranza e di riconoscenza a Dio – aggiunge Ornaghi –, suggellando l’intrecciarsi della vicenda umana di Giovanni Paolo II con il Policlinico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore». Come, infatti, diceva padre Gemelli, ha ricordato ancora il rettore, «tutti noi che lavoriamo nell’Università Cattolica non dobbiamo mai dimenticare di servire fedelmente il Papa e che servendo il Papa, serviamo Gesù». Parole che sembrano provenire anche dall’espressione profonda di Giovanni Paolo II scolpita nel marmo candido. La statua, collocata in un ottagono al centro del piazzale (grazie a un progetto al quale hanno collaborato anche Francesco Buranelli e Francesco Sisinni) è alta più di tre metri, che arrivano a 4 e 60 con il basamento a forma di tronco di piramide e la croce di metallo. Essa ricorderà idealmente quelle parole a coloro che, come sottolinea il direttore ammini-strativo della Cattolica, Antonio Cicchetti, «affluiranno al Gemelli con il loro carico di problemi, di sofferenza e di speranza». A tutti il Papa ripeterà «non abbiate paura».