«Un sistema economico va messo in discussione se il suo esclusivo obiettivo è il profitto e non lo sviluppo. Perché crea povertà, emarginazione, disordine sociale». Ed è lì, nei settori più colpiti che deve arrivare il sostegno dello Stato: «È urgente concentrarsi sulle famiglie regolari con figli, sul Meridione, sulla non autosufficienza di anziani e malati, sulla povertà estrema di molti, immigrati e non solo». È un’analisi lucida che usa come metro la
Caritas in veritatem di Benedetto XIV, quella che il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, espone in occasione della presentazione in Campidoglio del rapporto su
La povertà alimentare in Italia. Una ricerca promossa dalla Fondazione per la sussidiarietà, sui dati raccolti tra gli 8mila enti caritativi che si riforniscono dal Banco alimentare. Al convegno «Poveri perché soli», organizzato per la presentazione dello studio, intervengono tra gli altri, assieme al Presidente dei vescovi italiani, il presidente del Senato Renato Schifani e il ministro per lo Sviluppo economico Claudio Scajola. Per il cardinale Bagnasco dunque «il mercato va subordinato a regole chiare per evitare la massificazione del profitto attraverso l’inganno». Quello che ad esempio ha provocato la grande crisi finanziaria americana e poi globale. Ma le crisi possono essere «occasioni di verifica», specie in una fase storica «ambivalente e complessa» come la nostra. Il presidente della Cei indica alcune tra le principali cause «della questione sociale che riguarda non solo paesi poveri e ricchi, ma anche individui forti e deboli all’interno degli stessi paesi». Certo, la fame morde di più nel Sud del mondo dove, dice il Cardinale citando dati Fao, le persone denutrite sono un miliardo e 20 milioni, l’11% in più nel 2009. Il Presidente della Cei, citando papa Ratzinger, chiede se «siamo disposti a fare un esame di questo modello di sviluppo». Perché «la prosperità economica non corrisponde a quella salute globale che comunemente chiamiamo felicità». Tutti «dobbiamo imparare a consumare in modo più sobrio e critico», mentre agli amministratori pubblici è richiesto di intervenire sui settori più deboli della società, la famiglia innanzitutto. «L’equo profitto non deve essere escluso, ma va animato dalla gratuità e dall’amore perché tutti siamo figli di Dio».Amore e gratuità alla radice del Banco Alimentare, nato da una felice intuizione di Danilo Fossati, patron della Star, e don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione. Una realtà che, spiega monsignor Mauro Inzoli, presidente della Fondazione Banco Alimentare Onlus, associa oggi 8mila enti che distribuiscono pasti a un milione e mezzo di persone, 56 milioni di tonnellate di alimenti per un valore di 180 milioni di euro.Il presidente Schifani ricorda che «il tema della povertà non riguarda solo il Sud del Paese, ma anche ampie aree delle regioni ricche». Ma è indubbio che l’Italia «non può competere senza un salto di qualità di tutte le regioni meridionali». E sottolinea come purtroppo «l’apertura alla vita possa essere causa di povertà: molte famiglie con la nascita di un figlio o con l’accoglienza a un parente disabile si assumono rischi nuovi». Il ministro Scajola, plaudendo all’impegno del Banco Alimentare, sottolinea la necessità di «valorizzare le sinergie virtuose ed efficaci tra istituzioni e privati, capaci di attuare concreti progetti di sviluppo».