Il cardinale Marcello Semeraro, autore del libro “Compagni di speranza. Storie di testimoni capaci di futuro”, pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana (176 pagine, 16 euro) - Siciliani
I santi? Sono i nostri «compagni di speranza». Sono i «fratelli e sorelle “maggiori”», «passati per la nostra stessa strada», che «hanno conosciuto le nostre stesse fatiche e vivono per sempre nell’abbraccio di Dio». Una «compagnia» che invochiamo nella preghiera e nella liturgia, e che ci viene «regalata», dono prezioso che aiuta a scoprire come «la vita cristiana non è un ideale irraggiungibile». Parola di papa Francesco. Condivisa durante l’udienza generale del 21 giugno 2017. Parola che fa da bussola al nuovo libro del cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei santi. E che ispira il titolo: “Compagni di speranza. Storie di testimoni capaci di futuro”.
Il volume, pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana (176 pagine, 16 euro, nelle librerie da lunedì 1° luglio) si offre come “compagno di strada” per vivere in modo fecondo il cammino verso il Giubileo del 2025 dedicato al tema “Pellegrini di speranza”. E tali sono, compagni affidabili e luminosi pellegrini di speranza, gli uomini e le donne dei quali Semeraro illustra la vita e la testimonianza.
Eccoli, nell’ordine in cui si fanno incontro da queste pagine, come a comporre una litania dei testimoni della “virtù bambina”: Benedetto Giuseppe Labre, «cercatore di Dio sulle strade del mondo»; Dulce Lopes Pontes, «porta di speranza per i poveri»; José Gregorio Hernández Cisneros, «missionario della speranza»; Margherita di Città di Castello, Nunzio Sulprizio e Giuseppina Bakhita, «poveri, capaci di arricchire molti»; François-Xavier Nguyên Van Thuân, che visse la persecuzione «alla scuola della speranza»; la famiglia Ulma – i cui membri, «non sapendo, hanno accolto angeli»; Madeleine Delbrêl, «la santità della strada»; Franz Jägerstätter, che nell’ultima lettera alla moglie prima del martirio, in quel «saluto prima dell’ultimo viaggio», scrisse: «Cuore di Gesù, Cuore di Maria e il cuore mio siano uniti in un cuore per tutta l’eternità»; e infine Giovanni XXIII e Paolo VI, «i due profeti del Concilio».
In queste figure, spiega Semeraro, «è possibile riconoscere lo stile della speranza cristiana», per «trarre esempi e incoraggiamenti». Si tratta di «cristiani vissuti in massima parte nel nostro tempo. Tra questi, sette sono di uomini e donne già canonizzati; altri sono già stati dichiarati “beati”; due, infine, sono ancora “venerabili”, dei quali, cioè, è stato ufficialmente dichiarato l’esercizio eroico delle virtù. Spicca – sottolinea il porporato nella premessa – la presenza di un’intera famiglia di martiri: Józef e Wiktoria Ulma con i loro sette figli. Il Papa l’ha ricordata quando si è rivolto ai partecipanti a un Convegno promosso dal Dicastero delle Cause dei santi. In quella occasione non ha solo ripetuto che anche il nostro tempo ha molti martiri, ma ha allargato lo sguardo alla dimensione ecumenica del martirio».
«La capacità di soffrire per amore della verità è misura di umanità – scrisse Benedetto XVI nell’enciclica Spe salvi, citato da Semeraro –. Questa capacità di soffrire, tuttavia, dipende dal genere e dalla misura della speranza che portiamo dentro di noi e sulla quale costruiamo. I santi poterono percorrere il grande cammino dell’essere-uomo nel modo in cui Cristo lo ha percorso prima di noi, perché erano ricolmi della grande speranza». Quella speranza ha preso carne, nome, voce, storia in ciascuno di loro in modo originale e affascinante. Come scoprirà chi si affida alla “compagnia” di queste pagine.