sabato 17 gennaio 2009
Nella crisi della famiglia una figura da rilanciare. All’Incontro mondiale in corso a Città del Messico le analisi preoccupate degli studiosi e le esperienze di «ricostruzione» delle associazioni La trasmissione dei valori esige il recupero di una figura che invece è sempre più latitante. Ma in molti Paesi arrivano segnali di una ripresa di protagonismo. E si moltiplicano iniziative che puntano sulla «rieducazione» degli adulti In Messico sono raddoppiati in dieci anni (e oggi sfiorano il 20 per cento) i nuclei in cui è presente solo una donna.
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«Padri cercansi disperata­mente ». Potrebbe essere questo il sottotitolo del VI Incontro mondiale mondiale del­le famiglie che si chiude oggi a Città del Messico. Il problema della tra­smissione dei valori in famiglia, af­frontato da molteplici versanti gra­zie ai contributi di un centinaio di re­latori provenienti da tutti i continen­ti, appare insormontabile se non si riesce a risolvere il caso oscuro di u­na paternità sempre più latitante. Nella crisi dilagante di una famiglia in cui, a livello planetario, crescono separazioni e divorzi e in cui il ruolo dei genitori appare sempre più eva­nescente, proprio i padri appaiono più fragili e insicuri. Sono loro le pri­me vittime di una rivoluzione cultu­rale in negativo che rende il patto tra le generazioni un’ipotesi tanto incer­ta – secondo le riflessioni di vari e­sperti presenti all’Incontro mondia­le – da gettare ombre inquietanti sul futuro della nostra società. Da qui l’allarme. Una famiglia senza padre – oppure, come spesso avvie­ne, con una figura maschile defilata e mutevole – rischia di assolvere i propri compiti educativi in modo for­zatamente parziale e frammentario. Solo l’intreccio tra sensibilità ma­schile e femminile offre il 'minimo garantito' sotto il profilo educativo. Questa in sintesi l’analisi emersa dal­l’Incontro mondiale. Una conclusio­ne che potrebbe lasciare l’amaro in bocca se dal convegno stesso, in mo­do forse sorprendente, non uscisse una risposta di speranza. Alle tesi un po’ cupe degli esperti hanno fatto da contraltare le iniziative vivaci della base e dell’associazionismo presen­ti in particolare nella grande rasse­gna di realtà familiari che ha affian­cato il convegno teologico-pastorale. Proprio qui, tra gli oltre cento stand dell’Expo-familia, è stato possibile rintracciare, nel numero crescente di realtà associative di molti Paesi che hanno deciso di lavorare per la ri­scoperta della paternità, un’ipotesi efficace di controffensiva familiare fondata anzitutto su un lavoro edu­cativo. C’erano due mamme sorri­denti e pimpanti a spiegare perché A favor de lo mejor prepara e distribui­sce guide per aiutare i padri a porta­re avanti i loro compiti educativi. «I nostri mariti in questo momento stanno con i bambini. Che figura fa­rebbero se, dopo aver abbracciato questa missione, fossero in giro a gio­care al biliardo come tanti loro coe­tanei? », hanno osservato scherzan­do ma non troppo le signore. Un po’ di ironia per affrontare un problema che invece, in troppe famiglie – e non solo in America Latina – diventa dramma dell’abbandono e del di­simpegno. I volontari di Fapace Mexico, altra as­sociazione di padri, hanno raccon­tano che, proprio nel Paese che o­spita la rassegna mondiale, le fami­glie in cui è presente soltanto la don­na sono raddoppiate negli ultimi die­ci anni e oggi sfiorano il 20 per cen­to. «Quando nasce un figlio, gli uo- mini se ne vanno. Lo considerano normale, anzi doveroso, in una logi­ca di malintesa e patologica masco­linità per cui un uomo deve cercare senza sosta nuove avventure». Da qui la necessità di rimotivare il ruolo del padre, di andare nelle scuole a spie­gare sistematicamente ai genitori che l’educazione dei figli non è solo un dovere, ma un compito gratificante, prezioso per la società sì, ma anche fonte di arricchimento interiore per l’uomo stesso. «È ora che i padri tor­nino ad essere protagonisti dell’edu­cazione dei loro figli. Questo disinte­resse ha già fatto troppi guai», osser­va Guillermo Bustamante Manilla, presidente messicano dell’Associa­zione dei padri di famiglia. Deriva davvero preoccupante, ma che sa­rebbe troppo comodo liquidare co­me problema soltanto di quest’area del mondo. Anche in Europa un’opera di riedu­cazione alla paternità è quantomai necessaria. «Certo – conferma Fran­cesco Belletti, sociologo e direttore del Centro internazionale studi fa­miglia (Cisf ) – anch’io qui all’Expo-fa­milia ho colto se­gnali di una ri­scoperta della paternità che non sarebbe ma­le trasferire nei nostri Paesi occi­dentali. Anche da noi la situa­zione è tutt’altro che rassicuran­te ». In Francia per e­sempio, il Paese che ha fatto del lai­cismo la sua bandiera, un padre pre­sente in famiglia è diventato quasi u­na rarità assoluta. Non a caso il nu­mero di figli nati fuori dal matrimo­nio (il dato è di qualche mese fa) ha superato quello dei nati nelle fami­glie. «Da noi – osserva Belletti – le fa­miglie con un solo genitore sono la conseguenza del numero crescente di separazioni e divorzi. Non è un mi­stero che, prima della legge sull’affi­do condiviso, il padre diventasse u­na sorta di oggetto misterioso, visto che oltre il 90 per cento dei figli veni­va assegnato alle madri». Oggi, al­meno dal punto di vista giuridico, qualcosa sta cambiando. Sotto il pro­filo educativo rimane invece un vuo­to preoccupante. «Nelle giovani cop­pie al momento della nascita del primo figlio è proprio il ma­schio che salta per primo, che non ce la fa, che manifesta disa­gio e disorienta­mento. Spesso si tratta di persone che provengono da famiglie a loro volta separate, oppure che hanno al­le spalle un padre latitante». A diffe­renza di quello materno – in qualche modo sempre presente nei codici fa­miliari e soprattutto nell’interiorità più profonda – il modello paterno non si improvvisa e se non un ragaz­zo non ha avuto in famiglia un e­sempio efficace, rischierà di trovarsi in difficoltà. A rendere il quadro an­cora più fosco, le sollecitazioni nega­tive di un clima culturale dove l’i­dentità maschile, sotto la pressione per esempio della teoria del gender, rischia di diventare tanto lieve da ri­sultare impalpabile. «In questi casi – osserva ancora Belletti – parlare di trasmissioni dei valori in famiglia di­venta davvero un azzardo. Al padre, e qui gli studiosi di qualsiasi orienta­mento sono d’accor­do, non si può ri­nunciare». Anche in Italia l’as­sociazionismo si sta muovendo. Realtà come 'Padri separa­ti' oppure come le aggregazioni pro­mosse da Claudio Risè, lo studioso che più di altri ha in que­sti ultimi anni ana­lizzato la figura del padre, riscuotono interesse e consensi crescenti. Certo, il li­vello organizzativo delle associazioni dell’America latina è ancora lontano. Ieri tra gli stand dell’'Expo-familia' venivano offerto il nuovo numero di 'Cumbre', rivista bimestrale a colori dell’Unione na­zionale dei padri di famiglia, giunta al diciottesimo anno di vita. Scene dall’incontro di Città del Messico. Da sinistra, la senatrice argentina Negre de Alonso illustra le politiche familiari del suo paese; alcuni protagonisti del musical «La moglie di bronzo»; la sessione inaugurale del raduno, che si concluderà domani
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