«Sorgente, dove sei?». La domanda contenuta in un verso del Trittico Romano, l’ultima fatica poetica di Giovanni Paolo II negli ultimi suoi anni, è stata la chiave di lettura della ricerca sulla spiritualità familiare che ha accompagnato tutta la vita del Pontefice. Ed è risuonata ieri alla Pontificia Università Lateranense nei ricordi di coloro che, durante gli anni giovanili vissero con lui l’esperienza di Srodowisko, l’Ambiente, un gruppo di giovani studenti e professori universitari che avevano in lui, viceparroco di San Floriano, chiamato Wujek, lo zio – un punto di riferimento. Sono emerse ieri presso la sede dell’Istituto Giovanni Paolo II per gli studi su matrimonio e famiglia durante la presentazione, organizzata dalla Cattedra Wojtyla, di un volume contenente tre inediti, due in prima traduzione italiana, l’altro in assoluto. È una «regola» di vita per gruppi di coniugi ispirata all’enciclica di Paolo VI Humanae Vitae (ne riferiamo nel box a lato). Risale alla fine dei Sessanta, ma trae lo spunto dal vissuto dei vent’anni precedenti nella Polonia comunista e lo attualizza alla visione della contestata enciclica. L’Ambiente e altre esperienze analoghe sono state definite dal presidente del Pontificio Consiglio per i laici, cardinale Stanislaw Rylko, moderatore della mattinata, «strumenti di formazione umana e cristiana straordinariamente efficaci», la cui chiave stava, e sta, nell’amore come «cam- mino di santità da percorrere». Alla ricerca di una sorgente spirituale, ma anche di tante sorgenti di montagna incontrate nelle tante escursioni compiute da Wujek e dai suoi. Sull’importanza di una regola per un amore che vada al di là della sola emozione e diventi responsabilità per l’altro e per la società ha insistito in apertura il preside dell’Istituto, monsignor Livio Melina. Tale regola non può esserci senza spiritualità e cioè senza che la relazione sentimentale tragga linfa dal proprio «anelito profondo». «L’amore non può sopportare una precettistica imposta dall’esterno », ha ricordato Melina. E, infatti, in quasi tutti gli interventi della mattinata è emerso come la visione della spiritualità coniugale del futuro Giovanni Paolo II nascesse dall’esperienza concreta con fidanzati e sposi. Quelli che lui accompagnava nel cammino verso l’altare. E con i quali, a partire dagli anni di snodo fra i Quaranta e i Cinquanta, si incamminava per lunghe escursioni: i celebri tour a base di tende, bivacchi, canoe, canti e tanta preghiera. Erano gli albori di un modello di pastorale giovanile e familiare che, grazie anche al ruolo storico giocato dal Papa polacco, avrebbe fatto scuola nel mondo. Matrimonio e famiglia erano e sono «gli ultimi baluardi della libertà dell’uomo e della società », ha ricordato il direttore della Cattedra Wojtyla, Stanislaw Grygiel, il quale ha delineato l’humus religioso e culturale della Cracovia del tempo. Che ha forgiato testi di riflessione ai quali finora non era stata «dedicata sufficiente attenzione». Dai quali però emerge l’importanza di una famiglia basata su un legame di fedeltà e di apertura a Dio. Senza il quale la coppia è facile preda di tre tentazioni pericolose: «edonismo, estetismo, cioè ricerca della sola bellezza esteriore, e utilitarismo». Succube dello scientismo. Con una società dominata dall’ideologia comunista, ma anche con una modernità che spacciava per progresso elementi distruttivi della famiglia, come l’aborto, hanno avuto a che fare anche altri due Servi di Dio che accompagnano il connazionale Pontefice nel cammino verso gli altari. Significativamente sono un vescovo e un laico: Jan Pietraszko e Jerzy Ciesielski. La figura del primo – che il più giovane Wojtyla, divenuto arcivescovo, trovò come ausiliare a Cracovia – è stata ricostruita da Ludmila Grygiel. Pietraszko, da tempo impegnato nella pastorale con gli scout e gli universitari in organizzazioni che conobbero la repressione del regime, fu colui che introdusse il confratello destinato a ben altri incarichi alla comprensione del mondo giovanile. Giovanni Paolo Il lo definì suo «maestro» e lui stesso parlava di sé come di un «dissidente evangelico », ha ricordato la studiosa, a connotare la dimensione di un impegno che andava ben al di là della mera critica politica al comunismo. La vedova dell’ingegnere Ciesielski, morto tragicamente con due figli in un naufragio sul Nilo nel 1970, ha delineato un profilo del marito. E soprattutto dello 'zio' Karol: «Ancora oggi non riesco a capire come ce la facesse a trovare il tempo necessario per i colloqui con noi. Chiariva, suggeriva, conduceva, senza mai costringere a prendere una determinata decisione. Quello toccava a noi». Nelle famiglie di origine, in quelle nuove, nel lavoro. E in quel gruppo giovanile molti decidevano per il «sì» definitivo. Lo ha ricordato la musicologa Teresa Malecka, che ha testimoniato di un legame con il connazionale durato tutta la vita. « Wujek è stato sempre presente e certamente lo è tuttora con la preghiera che cerchiamo di ricambiare ».