Il dialogo tra la Santa Sede e il Rabbinato di Israele prosegue. E anche se dovesse essere cancellato l’incontro di marzo, ciò non andrebbe interpretato come un segnale negativo, perché comunque si tratterebbe solo di un rinvio di data. Quel che è certo è che le inequivocabili parole con cui mercoledì il Papa aveva condannato ogni forma di oblio, negazione o riduzionismo della Shoah hanno colto nel segno. E sono state accolte anche a Gerusalemme come un «importante passo avanti». È questo in sintesi il senso di una giornata, quella di ieri, che ha visto uno scambio epistolare tra il cardinale Walter Kasper, presidente della Pontificia Commissione per i rapporti con l’ebraismo, e il Rabbinato israeliano, proprio in merito al già programmato incontro di marzo. Il porporato, dopo aver ricordato l’intervento del Papa, nella sua lettera ha proposto di mantenere la data del summit, che quest’anno ha per tema la collaborazione tra cattolici ed ebrei a difesa del creato. E in serata una prima risposta è arrivata tramite una dichiarazione del direttore generale del Rabbinato, Oded Wiener, secondo cui la lettera della Santa Sede è «importante, molto bella e molto seria». Quanto poi alla richiesta del cardinale Ka- sper di confermare che «l’incontro fissato per l’inizio di marzo abbia luogo nella data prestabilita», l’esponente ebraico ha detto che essa «verrà valutata la prossima settimana in maniera approfondita, congiuntamente con il testo del discorso pronunciato mercoledì da Benedetto XVI». Un discorso, ha aggiunto Wiener parlando con l’Ansa, «pure molto importante non solo per gli ebrei ma per il mondo intero perché ha respinto i negazionisti della Shoah. Quel discorso ha rappresentato un passo avanti per la soluzione della vicenda». Ad ogni modo, ha concluso il direttore generale, «è possibile che anche in seguito all’esame di questi documenti il Rabbinato necessiti di ulteriori chiarimenti per l’incontro». La lettera di Kasper e le dichiarazioni di Wiener sono per il momento gli ultimi atti di una vicenda cominciata qualche giorno fa, proprio con un’altra missiva, firmata da quest’ultimo, in cui veniva espressa al porporato tutta la preoccupazione e il dolore della comunità ebraica, in seguito alla remissione della scomunica ai vescovi ordinati da monsignor Marcel Lefebvre (e dunque anche al vescovo Williamson, autore di pesanti e inaccettabili dichiarazioni volte a negare, o quanto meno a ridimensionare fortemente, la Shoah). Tale gesto, che come ha spiegato il Papa era un atto di paterna misericordia, è stato interpretato invece come una riammissione nella Chiesa cattolica (che invece non è perché, ha ricordato sempre mercoledì Benedetto XVI, ci sono ancora altri passi di compiere per giungere alla piena comunione) e comunque gravemente lesivo del dialogo. Di qui l’intenzione manifestata nella lettera inviata a Kasper di sospendere l’incontro di marzo. Che però potrebbe ancora essere mantenuto, se verranno giudicati sufficienti i gesti compiuti dal Papa e dalla Santa Sede in queste ultime ore. Le parole di Benedetto XVI, riguardo agli ebrei e ai lefebvriani, ha fatto notare il cardinale Dionigi Tettamanzi, «sono state chiare ed esplicite», tanto da spegnere ogni interrogativo al riguardo. L’arcivescovo di Milano, ieri a Roma per la presentazione di un suo libro, interpellato a margine dai giornalisti, ha ribadito che «il Santo Padre ha fatto chiarezza su tutto» e che «ogni cosa può essere superata. Il dialogo, se andrà avanti nella verità, darà sicuramente dei frutti». Anche per monsignor Vincenzo Paglia, vescovo di Terni-Narni-Amelia e presidente della Commissione episcopale Cei per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, «la posizione espressa dal Pontefice ha suscitato unanimi reazioni positive, sia negli esponenti laici dell’ebraismo, sia nei rappresentanti religiosi, come ad esempio il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni». «È su questo clima – ha aggiunto il presule – che si deve continuare a lavorare anche nelle prossime settimane. Le vicende ultime, volendo guardarle anche su un versante spirituale, ci spingono a stringerci ancor più saldamente gli uni agli altri, per contrastare insieme i gravi rigurgiti di antisemitismo e negazionismo diffusi in Europa». Benedetto XVI, ha concluso Paglia, «ha ribadito le convinzioni ormai salde della Chiesa cattolica nei confronti dell’ebraismo». Agosto 2005: il Papa nella sinagoga di Colonia