giovedì 20 giugno 2024
L'ex nunzio ha pubblicato sulla sua pagina X il decreto di citazione del Dicastero per la dottrina della fede. Sarebbe convocato per alcune affermazioni pubbliche che lo pongono fuori dalla comunione
Il vescovo Carlo Maria Viganò

Il vescovo Carlo Maria Viganò - Siciliani

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L’arcivescovo Carlo Maria Viganò, già nunzio apostolico negli Stati Uniti, è sotto processo per scisma da parte del Dicastero per la dottrina della fede. Lo ha comunicato ieri lo stesso presule sul suo account X pubblicando anche il decreto di citazione del Dicastero vaticano guidato dal cardinale Victor M. Fernandez.

Secondo tale decreto Viganò si sarebbe dovuto presentare – cosa che non ha fatto - ieri pomeriggio (o nominare un suo difensore) alle 15.30 per «prendere nota delle accuse e delle prove circa il delitto di scisma di cui è accusato (affermazioni pubbliche dalle quali risulta una negazione degli elementi necessari per mantenere la comunione con la Chiesa cattolica: negazione della legittimità di papa Francesco, rottura della comunione con Lui e rifiuto del Concilio Vaticano II)». Nel caso di mancata comparizione o di una difesa scritta presentata entro il 28 giugno, recita il decreto, l’arcivescovo «sarà giudicato in sua assenza».

Il canone del Codice di diritto canonico citato dal decreto come oggetto del processo penale (in forma “extragiudiziale”) è il 1364, dove si afferma che «l’apostata, l’eretico e lo scismatico incorrono nella scomunica latae sententiae». Il decreto - firmato da monsignor John J. Kennedy, segretario per la sezione disciplinare del Dicastero - specifica che la decisione di avviare il processo è stata presa nel corso della riunione del Congresso del Dicastero tenuta lo scorso 10 maggio, dopo aver stabilito che l’indagine previa era «superflua» ai sensi del primo comma del canone 1717.

La notizia è stata ripresa con una breve nota da VaticanNews, ricordando come monsignor Viganò nel settembre 2018 era stato protagonista della clamorosa lettera sul caso del cardinale statunitense Theodore McCarrick, successivamente privato della porpora e dimesso dallo stato clericale, che si chiudeva chiedendo la rinuncia del Papa. Quella vicenda, comunque, «pienamente chiarita dalla Santa Sede con la pubblicazione di un minuzioso rapporto nel novembre 2020 che smentisce l’ex nunzio su tutta la linea», non risulta essere oggetto del documento del Dicastero per la dottrina della fede. Viganò viene invece accusato di non riconoscere la legittimità del Pontefice né quella dell’ultimo Concilio. Vatican News specifica che «il Dicastero per la dottrina della fede non ha commentato in alcun modo l’annuncio pubblicato sui social». E neanche la Sala Stampa della Santa Sede ha fornito ulteriori informazioni sulla vicenda.

Loquace invece è stato l’arcivescovo Viganò che in un lungo comunicato ha dichiarato di considerare le accuse rivoltegli «come un motivo di onore». «Credo – ha soggiunto - che la formulazione stessa dei capi d’accusa confermi le tesi che ho più e più volte sostenuto nei miei interventi. Non è un caso che l’accusa nei miei confronti riguardi la messa in discussione della legittimità di Jorge Mario Bergoglio e il rifiuto del Vaticano II: il Concilio rappresenta il cancro ideologico, teologico, morale e liturgico di cui la bergogliana “chiesa sinodale” è necessaria metastasi». Monsignor Viganò non ha mancato di paragonarsi all’arcivescovo Marcel Lefebvre che «cinquant’anni fa, in quello stesso Palazzo del Sant’Uffizio», venne «convocato e accusato di scisma per aver rifiutato il Vaticano II». «La sua difesa è la mia, le sue parole sono le mie, - ha dichiarato Viganò - miei sono i suoi argomenti dinanzi ai quali le Autorità romane non hanno potuto condannarlo per eresia, dovendo aspettare che consacrasse dei vescovi per avere il pretesto di dichiararlo scismatico e revocargli la scomunica quando ormai era morto. Lo schema si ripete…».

Sulla vicenda è intervenuto il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin. Raggiunto all’Urbaniana dai giornalisti a margine di un Convegno sulla figura del cardinale Celso Costantini, il più stretto collaboratore di papa Francesco non si è sottratto alle domande sull’argomento. «Monsignor Viganò - sono state le parole del porporato vicentino - ha assunto alcuni atteggiamenti a cui deve rispondere. È normale che la Dottrina della fede abbia preso in mano la situazione e stia svolgendo quelle indagini che sono necessarie per approfondire questa situazione stessa. Ha dato a lui la possibilità anche di difendersi». Il cardinale Parolin ha voluto aggiungere anche una nota a livello personale. «Mi dispiace tantissimo - ha detto -, io l’ho sempre apprezzato come un grande lavoratore molto fedele alla Santa Sede, in un certo senso anche di esempio, quando è stato nunzio apostolico ha lavorato estremamente bene, cosa sia successo non lo so».


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