L'arcivescovo Viganò
L’arcivescovo Carlo Maria Viganò – ex Nunzio negli Stati Uniti dopo aver ricoperto importanti incarichi in Vaticano – non intende difendersi dalle accuse di scisma per il quale è stato convocato dal Dicastero della Dottrina della Fede per un processo penale extragiudiziale. E continua nelle sue accuse alla “chiesa conciliare” e a Papa Francesco. Con toni e argomenti ai quali anche i seguaci dell’arcivescovo Marcel Lefebvre precisano di non voler essere associati.
Monsignor Viganò era stato convocato per giovedì pomeriggio negli uffici del Dicastero. Oggi in una nota afferma: «Preciso di non essermi recato in Vaticano, di non avere intenzione di recarmi al Sant'Uffizio il 28 Giugno e di non aver consegnato alcun memoriale o documento a mia difesa al Dicastero, del quale non riconosco l'autorità, né quella del suo Prefetto, né di chi lo ha nominato».
Viganò sottolinea ancora: «Non ho alcuna intenzione di sottopormi ad un processo farsa in cui coloro che mi dovrebbero giudicare imparzialmente per difendere l'ortodossia cattolica sono allo stesso tempo coloro che io accuso di eresia, di tradimento e di abuso di potere».
Infine l'ex nunzio ribadisce che queste accuse del Vaticano contro di lui sono «un vanto». Perché, sono le sue parole, «la “chiesa” di Bergoglio non è la Chiesa Cattolica, ma quella “chiesa conciliare” nata dal Concilio Vaticano II e recentemente oggetto di rebranding col nome non meno ereticale di “chiesa sinodale”. Se è da questa “chiesa” che sono dichiarato separato per scisma, me ne faccio un motivo di onore e di vanto».
Il Decreto di citazione che Viganò ha respinto precisa che se il presule non si fosse presentato e se non inoltrerà una «difesa scritta» entro il 28 giugno, «sarà giudicato in sua assenza». E sembra proprio che andrà così. In base ai canoni del Codice di diritto canonico citati nel Decreto Viganò rischia di essere scomunicato per scisma.
Intanto la Fraternità San Pio X, fondata dall’arcivescovo Marcel Lefebvre, che venne scomunicato per scisma nel 1988, prende le distanze da Viganò. Anche Lefebvre venne convocato a suo tempo nel Palazzo dell'ex Sant'Uffizio. «C'è però un punto che lo differenzia significativamente dal fondatore della Fraternità San Pio X: monsignor Viganò - affermano i “lefebvriani” in una nota - fa nel suo testo una chiara dichiarazione di sedevacantismo. In altre parole, secondo lui, papa Francesco non è papa. Come lo spiega? A causa di un “difetto di consenso” del cardinale Jorge Bergoglio, al momento dell'accesso al potere supremo: considerando il papato come qualcosa di diverso da ciò che realmente è, l'eletto del 2013 ha accettato l'incarico pontificale senza consentirvi a pieno, e da questo errore è derivata la nullità della sua accettazione. Il suo pontificato sarebbe quindi quello di un figurante». «Né Monsignor Lefebvre, né la Fraternità da lui fondata, - sottolinea la nota - hanno accettato di avventurarsi su questo terreno».