L'arcivescovo Carlo Maria Viganò
È stato condannato a risarcire il fratello sacerdote per un milione e 800 mila euro, più gli interessi legali e le spese processuali. La sentenza, emessa nell’ottobre scorso dalla quarta sezione del Tribunale civile di Milano e firmata dal giudice Susanna Terni, vede soccombere l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, l’ex nunzio apostolico a Washington, protagonista di una manovra politicogiornalistica contro papa Francesco che ha al centro la pubblicazione di un discusso dossier nel quale il presule chiese addirittura le dimissioni del Pontefice. Ora, al termine di una lunga vertenza giudiziaria – fatta di denunce e controdenunce – che ha riguardato la gestione dell’eredità familiare, l’arcivescovo Viganò dovrà versare l’ingentissima cifra stabilita nel verdetto al fratello Lorenzo, biblista e studioso di storia antica.
Ecco i fatti ricostruiti nel processo civile: nel 2010 i due fratelli erano entrambi titolari dei consistenti beni di famiglia, ovvero immobili per un valore di circa 20 milioni di euro e una cifra liquida pari a oltre sei milioni. Il patrimonio, nonostante fosse cointestato, è sempre stato amministrato solo da Carlo Maria, che per anni ha ricoperto l’incarico di delegato per le rappresentanze pontificie e di segretario del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano prima di essere nominato nunzio apostolico negli Stati Uniti. E proprio allora, il 7 luglio 2011, monsignor Viganò chiese a papa Benedetto XVI di rinunciare all’incarico diplomatico oltreoceano per poter assistere in Italia il fratello prete gravemente ammalato (ebbe infatti un ictus che lo costrinse in carrozzina). Cosa che lo stesso don Lorenzo però smentì, affermando che tale decisione non era stata presa d’accordo con lui. Sta di fatto che il presule, secondo la sentenza emessa dalla magistratura milanese, avrebbe continuato a percepire i sostanziosi proventi derivanti dagli edifici in questione e a disporre della somma di denaro cointestata ottenendo in totale «operazioni per un importo netto di euro 3.649.866,25». La metà dei quali, in base alla decisione dei giudici, dovrà essere pagata a don Lorenzo dal fratello. Ma si tratta di un caso giudiziario che sicuramente avrà sviluppi perché i legali dell’arcivescovo potranno presenterare un ricorso in appello contro la sentenza di primo grado.
Come detto, Carlo Maria Viganò è l’autore di un documento pubblicato lo scorso 26 agosto con accuse (e significativi omissis) contro il Papa per il caso del cardinale Theodore McCarrick, arcivescovo emerito di Washington, ripetutamente accusato di aver abusato di seminaristi e giovani preti. Il porporato è stato pesantemente sanzionato da Francesco che gli ha tolto la berretta ottenendone le dimissioni dal collegio cardinalizio, con un provvedimento che nella Chiesa cattolica non si verificava da 91 anni. La decisione è stata presa quando per la prima volta fu presentata una denuncia credibile di abuso su un minore che l’ultraottantenne ex cardinale statunitense aveva commesso negli anni in cui era sacerdote. Monsignor Viganò due giorni fa ha firmato un messaggio ai partecipanti all’assemblea della Conferenza episcopale degli Stati Uniti riunita a Baltimora per chiedere di «resistere » al Papa.