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Il Sinodo sull’Amazzonia si è concluso con un’apertura: conversione. È questa la parola chiave che può riassumere la sostanza di un processo sinodale speciale che si è svolto in clima aperto, libero e rispettoso dei vescovi, missionari e missionarie, laici, laiche insieme a rappresentanti delle popolazioni indigene dell’Amazzonia, che per la prima volta si sono ritrovati in un’aula nella sede di Pietro. Un processo che si è compiuto nella comune partecipazione e nell’ascolto del grido che viene da quella terra violentata e dei popoli che la abitano e che non può essere compreso senza chiedersi cosa lo Spirito Santo abbia voluto dire alla Chiesa universale attraverso l’Amazzonia.
Ed è di questo clima che s’impregna anche il documento finale consegnato nelle mani del Papa. Conversione è pertanto la parola centrale del documento-strumento di lavoro che di questo atto ecclesiale ne è il frutto. Una conversione che si declina in quattro ambiti: ecologica, culturale e sinodale, pastorale. A fondamento delle quali, come è sottolineato nel documento, c’è «l’unica conversione al Vangelo vivo, che è Gesù Cristo».
Perché solo una conversione al Vangelo può offrire uno sguardo per curare le ferite e lo sguardo verso noi stessi come Chiesa, il mondo e l’ambiente e quindi un reale cambiamento di tutti questi ambiti. Per cercare nuovi cammini di evangelizzazione, nella consapevolezza che tutto è interconnesso e che per i cristiani la cura dei poveri, degli ultimi, degli scartati e la cura e la difesa del Creato che Dio ha affidato alla custodia degli uomini scaturiscono dal cuore della fede.
I cambiamenti climatici, la deforestazione, il depredamento selvaggio e indiscriminato delle risorse, l’abbandono in cui vivono i popoli autoctoni, le sfide rappresentate dalla crescita delle periferie delle metropoli, le migrazioni interne ed esterne, le violenze perpetrate sui più deboli. Tutto ciò sfida i cristiani e li richiama alle loro responsabilità. E per questo il documento-strumento va considerato nel suo insieme nella sua interezza a partire dalle analisi all’attacco all’ambiente e alle popolazioni che lo vivono, perché gli attacchi alla natura hanno sempre conseguenze per la vita dei popoli.
Quest’unica crisi socio-ambientale è stata così presentata anche in questo strumento: «Tutti i partecipanti – si scrive – hanno espresso una profonda consapevolezza della drammatica situazione di distruzione che colpisce l’Amazzonia di ciò che significa la scomparsa del territorio e dei suoi abitanti, in particolare delle popolazioni indigene. Perché la foresta amazzonica è un “cuore biologico” per la terra sempre più minacciata. È in una corsa sfrenata verso la morte» perché «è scientificamente provato che la scomparsa del bioma amazzonico avrà un impatto catastrofico sul pianeta nel suo complesso» ed «esige cambiamenti radicali con estrema urgenza, una nuova direzione che consenta di salvarla».
Vengono indicati nuovi modelli di sviluppo equo, solidali e sostenibili e per la promozione di un’ecologia integrale. «L’ascolto del grido della terra e del grido dei poveri e dei popoli dell’Amazzonia con cui camminiamo ci chiama a una vera conversione integrale, con una vita semplice e sobria, il tutto alimentato da una spiritualità mistica nello stile di san Francesco d’Assisi, esempio di conversione integrale».
Si trova così declinata la prospettiva della Laudato si’ sulla questione ambientale e dell’Evangelii gaudium sulla missione e la conversione pastorale. E nelle modalità della Chiesa missionaria e amazzonica che «serve e accompagna i popoli amazzonici» vengono indicati i nuovi cammini pastorali e itinerari di formazione e di conversione sinodale nella prospettiva della crescita di una Chiesa incultura «presente e alleata dei popoli nei loro territori». E che riconoscono come centrale la presenza delle donne e dei diaconi permanenti per una Chiesa «dal volto amazzonico e in uscita missionaria». ©