Renzo Buricchi - .
Immaginatevi un bancone, con tanto di caffè, cappuccini e caffelatte, le noccioline “addormentasuocere” e gli immancabili lupini, di cui abbiamo perso memoria. Alle spalle il campionario di alcolici, sigarette, toscani. Nel frigorifero la spuma, la cedrata e il ginger. Ma il tabaccaio è un predicatore, sui generis, un comunista obbediente al vescovo che non lo capisce tanto. Si è convertito e non riesce a tenere per sé quanto il Vangelo scrive dentro di lui, con una passione per “l’Altro Cristo”, san Francesco che «partì solo: modificò un’epoca».
Renzo Buricchi (Seano 1913- Prato 1983), gestore di un bar in piazza del Comune a Prato, è già riconosciuto come servo di Dio e il processo di beatificazione avviato dalla diocesi di Prato va avanti, con l’acquisizione di testimonianze e documenti, come quelli presentati in un recente convegno dal postulatore don Alessandro Andreini sui rapporti tra Buricchi e i francescani del Santuario della Verna, negli anni Cinquanta. Buricchi rimane colpito dalla processione notturna dei frati e prima ancora dalla scelta della povertà in Francesco che lo ha portato lassù. E anche lui, con gli avventori che gli si fanno vicino colpiti dal suo dialogare, cominciano la sera a pregare davanti all’ospedale e a farsi vicini ai poveri della città tessile. Tra di loro figurerà anche Marcello Pierucci, giornalista de l’Unità, ateo che si converte, al quale dobbiamo due libri che hanno fatto conoscere Buricchi. Il tabaccaio si sente partecipe di una missione a Prato che non deve essere «elementare, ma santa e sapiente, in modo da coordinare il buono e travolgere il cattivo».
Le lettere recuperate da Andreini tra Buricchi e i frati della Verna sono dodici, di cui tre di fra’ Giovacchino Cioncolini, una del guardiano fra Girolamo Buratti e otto di Buricchi stesso, che per la rivista del Santuario scrive alcuni articoli. Dopo una visita di Buricchi alla Verna nell’ottobre 1955, il tono nelle lettere si fa più confidenziale. Cioncolini gli scrive il 7 novembre dello stesso anno: «Veramente profonde le tue riflessioni sulle necessità di farsi prendere, non dalla mania di fare, ma dallo spirito, che solo sa e può dare un significato alla vita dell’uomo. Ammiro la tua riuscita su questo punto e mentre faccio voti perché debba essere così ancora per l’avvenire, ho una santa invidia di seguirti per questa via».
Per Buricchi tutta l’opera di Francesco «si ingigantisce... e l’ordine nei secoli, ha grandezza, quando si abbevera nella Sua imitazione, si impoverisce quando conserva le Sue glorie: il tempo nel passare annienta la sostanza della gloria richiamando al Suo seno chi l’edificò. I conservatori sono i lenti demolitori di essa».
Bisogna mettere in conto di non essere capiti e in suo articolo Buricchi attribuisce a Francesco l’espressione «Vuoi vincere? Perdi!». Vinse più battaglie san Francesco «col colloquio al sultano che tutti i generali delle crociate». Su Buricchi “inciampa” il vescovo di Prato, Pietro Fiordelli, che chiede ai frati di non farlo più scrivere sulla loro rivista. Buricchi disse che «non solo non avrebbe più scritto sul giornale della Verna, ma da nessuna altra parte. E così fece», ricorda Pierucci. Nel frattempo Roncalli diventa Giovanni XXIII e Buricchi sottolinea nella sua corrispondenza «un Papa cosciente di questo nostro tempo».