sabato 14 febbraio 2009
Conclusa la "due giorni" delle Chiese meridionali. Nel documento finale un forte appello per un protagonismo delle comunità cristiane di fronte alle sfide della crisi economica, della legalità, dell'educazione e dell'impegno politico.
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Un «segno profetico», che ha par­lato «della profonda comunione tra le Chiese del Sud», e dire «a tutti con chiarezza che la speranza non è morta, ma vuole solo essere rinverdi­ta, vuole risorgere». E, insieme, tappa di un percorso «non fine a se stesso, ma che vuole essere parte di un cammino di tutta la Chiesa italiana», con la spe­ranza, nel medesimo tempo, «di creare tra noi qualcosa che continui». È con queste parole che il cardinale Cre­scenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, ha chiuso le due giornate di lavori del con­vegno 'La Chiesa nel Sud, le Chiese nel Sud', conclusosi con la consegna ai qua­si quattrocento partecipanti, tra i quali circa settanta vescovi, del Messaggio che pubblichiamo integralmente in questa pagina. «Quello che ci auguriamo è che il nostro lavoro possa essere utile per ar­rivare ad avere un documento naziona­le, a vent’anni da quello del 1989. Per parte nostra – ha ribadito – troveremo si­curamente modalità e forme per conti­nuare la collaborazione tra le Chiese del Sud, com’è avvenuto prima, in fase di preparazione, e durante questo conve­gno ». Per il porporato, che con i presidenti del­le altre cinque regioni ecclesiastiche del Mezzogiorno ha tenuto una breve con­ferenza stampa al termine dei lavori, dal­l’incontro di Napoli sono scaturiti «sti­moli forti» che, adesso, «dovremo ripor­tare nelle nostre Chiese locali». «Se pen­siamo al Convegno come a una realtà a­perta – ha aggiunto – e che arriverà a coinvolgere tutti i vescovi italiani, ca­piamo che si è aperta una stagione nuo­va per continuare a lavorare e ad af­frontare le sfide che ci attendono». Proprio a proposito delle 'occasioni' per iniziare a trasferire quanto emerso in questi giorni nella realtà ecclesiale, l’ar­civescovo di Bari monsignor Francesco Cacucci ha annunciato che «stiamo pre­parando un convegno regionale sul lai­cato », con l’obiettivo concreto di cerca­re le strade «per superare l’incapacità di collegare fede e impegno nella storia», anche con la consapevolezza che «oggi le Chiese del Sud registrano una vivacità superiore al passato, ma bisogna fare un passo ulteriore». Vivacità, ha chiosato ancora Sepe, che il convegno ha ampia­mente dimostrato soprattutto «per co­me ha sottolineato l’urgenza dell’impe­gno dei laici, i quali, i giovani special­mente, devono riappropriarsi di uno spazio che è loro». Quanto alla domanda sul perché, nel messaggio finale, manchi un esplicito appello alla politica, di nuovo Cacucci ha posto in evidenza il fatto che «ci siamo rivolti a tutti i nostri fratelli e sorelle, e an­che i politici sono nostri fratelli e sorel­le ». Del resto, ha rilevato l’arcivescovo di Potenza monsignor Agostino Superbo, «quei politici che si rivolgono alla Chie­sa esclusivamente per elemosinare vo­ti dovrebbero solo vergognarsi». Ecco il messaggio finale del Convegno «Chiesa nel Sud, Chiese del Sud» elaborato al termine dei lavori.«Ma Pietro gli disse: 'Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Na­zareno, cammina!'» (At 3,6). Fratelli, uomini e donne del Sud, Non nascondiamo le difficoltà del tem­po presente nella congiuntura delica­ta che attraversiamo, e sappiamo che tali difficoltà si aggiungono alle stori­che ferite del Meridione. Quotidiana­mente le tocchiamo con mano nell’a­scolto e nella consuetudine, che ab­biamo con voi. Le nostre comunità ecclesiali sono in­fatti pienamente attraversate dalle sto- rie dei singoli e dalle vicende dei no­stri popoli visitati dalle crisi economi­che, affettive e sociali, che arrivano a mettere in ginocchio la fiducia dei ge­nitori, dei giovani e dei lavoratori. O­gni giorno in tanti bussate alle nostre porte per ritrovare la parola persa del conforto e del significato dei nostri giorni. Come Pietro ci sentiamo poveri e sof­friamo della vostra sofferenza. La vo­stra mancanza provoca il cuore di noi Pastori, incapaci di moltiplicare il pa­ne delle mense; abbiamo tuttavia il co­raggio della nostra fede che grida: 'Nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cam­mina!' Solo nel Maestro ritroviamo la parola significativa che rende possibile di por­tare oltre lo sguardo; con Lui riuscire­mo a rendere feconde le storiche ric­chezze che il Signore Dio ci ha dona­to: patrimonio di bellezza, di solida­rietà e di accoglienza. Forse non sempre siamo riusciti ad es­sere buoni custodi con voi di questi doni, ma insieme vorremmo ritrovare le nostre radici, il nostro patrimonio umano e spirituale, per offrirlo non so­lo alle nostre genti ma all’intero Pae­se, all’Europa e ai Sud del mondo che come noi cercano un sole di speran­za. Siamo confortati dalla piena sinto­nia che avvertiamo con l’intera Chie­sa italiana. Vorremmo che la speranza del Sud fosse la speranza del Paese. Per ritrovare pienamente noi stessi bi­sogna però correggere alcune distor­sioni, insinuatesi nei nostri stili di vi­ta: la fede deve essere nettamente coe­rente con la vita. Come permettere che ci sia ancora distanza tra culto e sto­ria, tra scelta credente e vita concreta, nel lavoro e nelle professioni, nella fa­miglia, nell’economia e nella politica? I laici che ancora numerosi vivono le comunità e le associazioni dovranno maggiormente dare ragione della spe­ranza che è in loro nei luoghi che quo­tidianamente vivono, uscire cioè dal­le mura del tempio per incarnare nel­la società il Vangelo di Cristo. Quello che noi abbiamo, vi passiamo. Ma cosa abbiamo? Parrocchie vivaci, associazioni, movi­menti e volontariato generoso e atti­vo, una parola che ancora unisce gran parte della popolazione in una società che tende alla disgregazione. Questo è il nostro patrimonio; questo offria­mo per ritrovare le nostre radici di co­munione e di fraternità. Desidere­remmo quasi un nuovo patto per ri­trovare insieme la passione civile, fon­data per parte nostra sulla fiducia nel­l’uomo che il Vangelo esprime, quasi un tessuto connettivo nel quale tutti possano esprimere liberamente se stessi. La voce di Cristo ci suggerisce di con­dividere anche il poco che abbiamo: per questo offriamo gli spazi, le intel­ligenze, l’esperienza, l’impegno edu­cativo, e oseremo dire la nostra stessa vita per costruire insieme un mondo migliore per i nostri figli. La generosità che come meridionali ci caratterizza, vorremmo passasse dall’emozionale ad una costante strutturale. Anche noi Vescovi, uomini del Sud co­me voi, sentiamo forte l’invito di Pie­tro: Alzati e cammina! Con voi siamo pronti a camminare insieme. Dalla «due giorni» delle Chiese del Sud che si è conclusa ieri a Napoli è venuto l’appello a un nuovo protagonismo dei laici nella vita delle comunità cristiane
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