sabato 29 aprile 2017
L’arcivescovo racconta gli incontri di oggi con «una minoranza che non si sente trascurata ma ha bisogno di essere incoraggiata». Stamani alla Messa anche molti musulmani ...
L’arcivescovo Bruno Musarò, nunzio apostolico in Egitto

L’arcivescovo Bruno Musarò, nunzio apostolico in Egitto

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«Abbiamo ricevuto moltissime richieste per partecipare alla Messa odierna nello stadio dell’aeronautica militare al Cairo che ha una capienza di 20mila posti. Non solo dai cattolici. Anche gli ortodossi e gli islamici vogliono esserci. Tanti musulmani sono venuti a dirci: io sono di un’altra religione ma mi piacerebbe assistere alla celebrazione. L’intero popolo egiziano - non solo una sua componente - sta vivendo con profondo entusiasmo il viaggio di papa Francesco». L’arcivescovo Bruno Musarò, nunzio apostolico in Egitto, non teme di definire il momento “storico”. Il “pellegrino della pace” Bergoglio è stato accolto con calore dal governo, dalle Chiese, dagli ortodossi e dal loro patriarca, Tawadros II, e dai leader islamici riuniti ad al-Azhar per una conferenza internazionale sulla pace.

«Ciò che più mi ha colpito, però, è stata la gioia genuina dei musulmani “comuni” – afferma il presule –: le persone semplici, anche non particolarmente istruite, conoscono il Papa e lo considerano un grande uomo di pace. Molti mi hanno raccontato di essere rimasti colpiti dai Giovedì Santo nelle carceri in cui Francesco ha lavato i piedi anche ai detenuti islamici. Altri avevano sentito i suoi inviti alla tolleranza e alla misericordia. Tutti, poi, si sentivano orgogliosi della sua partecipazione all’evento di al-Azhar. È un bel segnale di speranza, soprattutto nella circostanza attuale».

Il terrorismo jihadista si sta accanendo con ferocia sulla comunità copta. La Domenica delle Palme, a Tanta e ad Alessandria, due kamikaze si sono fatti esplodere durante la Messa, massacrando 47 fedeli. Qualche mese prima, l’11 dicembre, la violenza aveva sfregiato la chiesa dei Santi Pietro e Paolo, accanto alla Cattedrale copto-ortodossa di San Marco. Ventotto persone – tutte donne e bambine tranne la guardia – hanno perso la vita. «Tutti gli egiziani, in primis gli islamici, hanno condannato queste barbarie. Il Paese si è sempre contraddistinto per la convivenza pacifica fra la comunità cristiana e la maggioranza musulmana». Proprio ciò contro cui si accanisce al terrorismo che ammanta la sua sete ideologica di potere dietro la maschera deformata della religione. Finora, però, la cruenta strategia jihadista non è riuscita a lacerare il tessuto sociale egiziano. Certo, le ferite sono profonde. «Vivere insieme è ancora possibile. Il Papa è venuto a ricordarci che possiamo e dobbiamo farlo. Un messaggio non solo per l’Egitto ma per l’intera regione nordafricana e mediorientale, duramente provata dal conflitto e dall’avanzata jihadista. E per il mondo».

Il viaggio di Francesco ha, dunque, un forte contenuto interreligioso ed ecumenico. «I cattolici egiziani, una sparuta minoranza di circa 300mila fedeli, non si sentono affatto trascurati – sottolinea monsignor Musarò –. Già ieri, dal balcone della nunziatura, il Pontefice ha voluto salutare trecento giovani cattolici arrivati in pellegrinaggio dai più remoti angoli della nazione. E oggi Francesco ha dedicato la giornata agli incontri con la comunità. Non si tratta di riunioni “protocollari”: nell’ambito del suo ministero il successore di Pietro viene a confermare i fratelli nella fede. La mattina ci sarà la Messa, poi il pranzo con i vescovi e, infine, il momento con il clero. Le sue parole ci faranno molto bene».

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