Coniugare «la ricchezza della propria singola storia» con «la necessità ineludibile di una salvifica comunione tra tutti i popoli del Sud d’Italia». È questa oggi «la sfida che aspetta il Meridione e, insieme ad esso, tutta la sua Chiesa». A vent’anni dal documento su «Chiesa italiana e Mezzogiorno», i vescovi del Sud tornano per la prima volta a riunirsi per riflettere su un tema che continua a essere cruciale. Accadrà a Napoli, dove giovedì e venerdì prossimi ottanta vescovi e oltre trecento delegati diocesani daranno vita al convegno Chiesa nel Sud. Chiese del Sud. Nel futuro da credenti responsabili, al quale interverrà anche il cardinale presidente della Cei Angelo Bagnasco. A presentarlo ad Avvenire, nei termini di quella sfida, è il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, che giovedì aprirà i lavori dell’incontro.
Le domande sarebbero tante, ma la prima è obbligata: che distanza esiste tra il Sud, così come viene raccontato, e la realtà del Meridione? È improprio parlare oggi di un solo Meridione come se fosse una realtà monolitica, è necessario fare riferimento ai diversi Sud d’Italia. Già nel documento del 1989 si accennava a questa caratterizzazione che, benché fosse descritta, non provocava però una riflessione sulle sue conseguenze: politiche, amministrative, economiche, culturali. I popoli del Sud amano la loro specifica identità e lottano per la difesa della loro storia. C’è da chiedersi se in presenza di tanti Mezzogiorni abbia ancora senso parlare di un Meridione e di conseguenza di una «questione meridionale». Forse la debolezza della riflessione nasce dalla distanza tra una proposta necessariamente globale, che riguardi il Sud, e la sua concreta, fragile storia di frammentazioni che possono essere viste come ricchezza, ma anche provocare rischi dolorosi per la crescita della Nazione. Salvemini aveva probabilmente ben letto il nostro antico e formidabile problema: «La malattia antichissima e del tutto speciale del Mezzogiorno è nella struttura semifeudale, che è, di fronte a quella borghese dell’Italia settentrionale, un anacronismo». Cambiano i nomi ma la realtà resta e, in tempo di economia globale, la frammentazione da ricchezza possibile, da specificità da raccontare, diventa un macigno.
Cos’è cambiato in questi vent’anni? Ci troviamo di fronte un mondo del tutto diverso. Allora, nell’89, cadde il muro di Berlino aprendo di fatto scenari nuovi. Il Meridione ha perso la sua vocazione contadina e insieme a questa forse anche un legame profondo con la terra. Terra che in questi ultimi anni è stata violentata e imbottita di veleni. L’uomo del Sud vuole difendere la sua identità, riappropriarsi delle sue radici e crescere al passo coi tempi. In un tempo che cambia vorticosamente, il Meridione non ha dimenticato alcuni dei suoi valori fondamentali, la lealtà, l’amicizia, la famiglia, l’apertura al diverso, all’estraneo, e anche una profonda fede. Noi come Chiesa siamo parte integrante di questo territorio e a chi si sente disperso offriamo la grandezza di una Parola di Dio che è stampata nel cuore della gente del Meridione.
Quali delle vecchie emergenze sono ancora attuali? C’è qualcosa in cui la Chiesa ha mancato o avrebbe potuto fare di più? Le emergenze sono tante e sembrano non dare mai tregua. Alcune, più che emergenze, sono diventate mali endemici. Penso al lavoro che non c’è, alla criminalità organizzata, agli scandali economici, alla mancanza di una politica davvero incarnata nelle attese dei diversi territori... Sotto questo punto di vista alcuni mali sono sempre attuali. Se la Chiesa ha mancato in qualcosa siamo pronti a chiedere perdono. Di sicuro l’impegno a diffondere la Parola di Gesù Cristo non è mai venuto meno. Sarebbe il caso di interrogarsi sul fatto se siamo riusciti o meno a rendere comprensibile il Vangelo, a saperlo comunicare a una società che cambia a ritmi vertiginosi. Ma questo non ci spaventa, anzi ci sprona a dare di più e meglio. Se il Maestro esortava a gridare il Vangelo dai tetti noi oggi dobbiamo essere pronti a saperlo gridare dalle antenne e attraverso tutti i nuovi mezzi di comunicazione che le moderne tecnologie ci offrono.
Quali sono le nuove sfide? Innanzitutto quella di spazzare via il cupo pessimismo che imprigiona i cuori degli uomini, quel disfattismo di chi vede nel Sud Italia solo un problema, un peso, qualcosa da cui tenersi alla larga. È questo senso di sconfitta che la Chiesa deve avere sempre la forza di combattere. Noi soffriamo insieme ai nostri figli, molti dei quali sono costretti ad andare via, a emigrare pur di potersi affermare socialmente e professionalmente. Ma perché non farlo qui? La sfida è quella di avere un Meridione orgoglioso di sé, dove poter crescere e dare frutti generosi. La Chiesa non abbandonerà mai i suoi figli, anche se lontani.
«Nel futuro da credenti responsabili», recita il sottotitolo del Convegno. Chi è il credente responsabile? È l’uomo che ascolta la parola di Dio e la incarna, mettendo in pratica, per ciò che può, il profondo mutamento interiore che questa parola comporta. La fede non è un fatto solitario. Il credente sa di essere un uomo in mezzo ad altri uomini ma la sua fede è in grado di convertire il proprio cuore e quello dei suoi simili, di incarnarsi nel vissuto di tutti i giorni. Mi riferisco ad ogni livello della società. Il cristianesimo è una religione dell’incarnazione. L’esempio di Cristo fa sì che tutti noi, ognuno per la propria parte, si faccia interprete di quella parola e sappia farla germogliare nel campo in cui opera, ogni giorno. Nell’ambito politico certamente, come in quello lavorativo e familiare.
Che obiettivo concreto si pone il Convegno? Quello di testimoniare la nostra presenza sempre, in maniera forte. A Napoli, dopo vent’anni, si incontrano tutte le Chiese del Sud. Noi vogliamo dire ai nostri fratelli che siamo con loro, in mezzo a loro. Saremo voce di chi non ha voce, ricostruiremo insieme agli uomini di buona volontà il tessuto profondo delle nostre radici, recupereremo la dignità di appartenenza come cittadini e credenti in Cristo Salvatore. Nei momenti di gioia e in quelli più bui, nei giorni tristi e più dolorosi saremo a fianco della nostra gente e con loro ci faremo protagonisti del nostro futuro. Tutti sanno quanto dolore provi la gente del Sud, ma ai figli e alla figlie di questa meravigliosa terra sapremo dire che la Chiesa sarà sempre dalla loro parte. Ben inteso: sarà necessario uno sforzo serio per recuperare un pensiero sul Meridione capace di riacciuffare il nostro protagonismo per la ricostruzione del futuro. Ciò richiederà – come indica il convegno – il coraggio di una testimonianza eroica che metta nel cuore dell’uomo la speranza di un domani possibile.