«Chiesa nel Sud, Chiese del Sud. Nel futuro da credenti responsabili» è il titolo del convegno delle diocesi delle cinque regioni meridionali – Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia – a vent’anni dal documento della Cei «Chiesa italiana e Mezzogiorno: sviluppo nella solidarietà», che si è aperto oggi, 12 febbraio, presso il Tiberio Palace Hotel di Napoli. La sfida: riaprire la «questione meridionale» che il Paese sembra aver rimosso o sottovalutato, rinnovando un pensiero e una presenza capaci di restituire – alla luce del Vangelo – speranza alle genti del Sud.
È il Sud dei valori autentici quello che si è dato appuntamento da oggi a Napoli per il Convegno Chiesa nel Sud, Chiese del Sud. Un Meridione che vuole recuperare il proprio protagonismo non solo nella sua terra e nelle sue città, ma anche nell’orizzonte nazionale ed europeo. A sottolinearlo sono i presidenti delle cinque Conferenze episcopali regionali riunite oggi, nella città partenopea, «in ascolto della voce dello Spirito».
Superbo: ascolto e accoglienza. Come evidenzia l’arcivescovo di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo Agostino Superbo, presidente dei vescovi della Basilicata: «Non si tratta solo di un evento celebrativo, in onore dei vent’anni dal documento Cei Chiesa italiana e Mezzogiorno ma di un momento nel quale le Chiese del Sud si mettono in ascolto della voce dello Spirito Santo». Lo stile, insomma, è lo stesso che portò al documento sul Meridione del 1948 e a quello del 1989, che lanciò il più importante degli appelli: «Il Paese, ma anche la Chiesa – sottolinea Superbo – non crescerà se non insieme». «Certo – prosegue il vicepresidente Cei – dal ’48 all’89 e poi negli ultimi vent’anni i problemi sono cambiati, seppur con diverse costanti. Dall’ultimo documento Cei permane, ad esempio, il più grave dei problemi nel Sud: la disoccupazione. E poi il ritardo nello sviluppo, una rete radicata di piccolo e grande clientelismo, la mancanza di una forza propulsiva interna, la dipendenza dalla criminalità, la mafia e la mafiosità dei comportamenti. In questo il ruolo della Chiesa è formare le coscienze attraverso una nuova evangelizzazione. Da qui verrà una nuova etica pubblica ». E poi, compito nuovo per le comunità del Sud, «è necessario trovare le vie per un’accoglienza autentica, di cui la Chiesa del Mezzogiorno deve dare esempio. Oggi infatti le nostre terre si presentano alla nazione e all’Europa con il Sud del mondo dentro casa. Siamo portatori delle speranze e delle angosce dei tanti Sud che oggi vivono tra noi». È inutile «cercare i colpevoli della situazione attuale; è necessario ripartire dai valori del Sud, come un’etica del lavoro all’insegna del sacrificio, l’amore per la vita, la stabilità delle famiglie, la forte fede popolare, la solidarietà».
Romeo: impulso oltre la crisi. Per Paolo Romeo, arcivescovo di Palermo e presidente dei vescovi della Sicilia, il convegno darà l’opportunità di «rivisitare il documento del 1989 alla luce della crisi odierna che ha conseguenze invisibili soprattutto tra le fasce più fragili ». Si tratta di «costituire una fonte alla quale vengono consegnate la valutazione, l’analisi le preoccupazioni emerse dal confronto tra voci esperte. Una fonte da offrire all’intera Chiesa italiana che così potrà, tutta insieme, rimettersi in ascolto del Sud». Da Napoli, sottolinea Romeo, non uscirà «una ricetta pronta », ma l’invito forte a riconsiderare la questione meridionale come questione nazionale. E un contributo forte può venire dalla Sicilia stessa: «Nonostante qui sperimentiamo quella che io chiamo 'anemia sociale', non è ancora così radicata la crisi della famiglia, la religiosità popolare, anche se tutta da evangelizzare, è molto forte e le vocazioni 'tengono'. Le nostre comunità non conoscono l’anticlericalismo che altre regioni sperimentano e ciò contribuisce a creare un senso più saldo di appartenenza alla Chiesa. Sono queste le basi da cui bisogna ripartire – conclude Romeo –. Ci aspettiamo da Napoli un nuovo impulso in questo senso».
Sepe: diamo voce ai senza voce. La prima sfida, aveva affermato nei giorni scorsi in un’intervista ad Avvenire il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli e presidente dei vescovi della Campania, sarà quella di «spazzare via il cupo pessimismo che imprigiona i cuori degli uomini, quel disfattismo di chi vede nel Sud Italia solo un problema, un peso, qualcosa da cui tenersi alla larga. È questo senso di sconfitta – aggiunge il porporato – che la Chiesa deve avere sempre la forza di combattere. Noi soffriamo insieme ai nostri figli, molti dei quali sono costretti ad andare via, a emigrare pur di potersi affermare socialmente e professionalmente». A Napoli, concludeva Sepe, «vogliamo dire ai nostri fratelli che siamo con loro, in mezzo a loro. Saremo voce di chi non ha voce, ricostruiremo insieme agli uomini di buona volontà il tessuto profondo delle nostre radici, recupereremo la dignità di appartenenza come cittadini e credenti in Cristo Salvatore».
Mondello: basta imitare il Nord. Oggi, aggiunge da parte sua l’arcivescovo di Reggio Calabria-Bova, Vittorio Luigi Mondello, presidente della Conferenza episcopale calabra, «si continua a parlare della questione meridionale ma molti non sono convinti che essa esita davvero. Di fatto è un problema che si è sempre posto e non si è mai risolto. Ma la soluzione non sta certo in quello che si è tentato di fare finora: imitare il Nord. È una via che lascia il Sud sempre più povero e non valorizza le sue ricchezze». Ricchezze di cui anche la Calabria non manca: «A Napoli la nostra regione non porterà solo l’esperienza di una società segnata dalla malavita, ma anche l’esempio di numerose realtà positive e piene di speranza. Realtà che la Chiesa locale ha promosso e continua a promuovere. Come ad esempio l’impegno per i giovani o per il rinnovamento delle parrocchie». Ed è proprio questo il ruolo della Chiesa, sottolinea Mondello: «Aiutare la gente a non lamentarsi ma a rimboccarsi le maniche. È vero che il Sud soffre di una 'carenza dello Stato' ma c’è anche la carenza di noi meridionali che dovremmo impegnarci in maniera più decisa per essere autonomi. Un buon esempio in questo senso viene dal Progetto Policoro».
Cacucci: vitalità di clero e laici. Incalza l’arcivescovo di Bari-Bitonto, Francesco Cacucci, presidente della Conferenza episcopale pugliese: oggi «la modernizzazione esteriore che ha riguardato la nostra società meridionale nei consumi e negli stili di vita non corrisponde in realtà a un effettivo sviluppo, finendo invece per accentuare il divario tra aspirazioni al miglioramento della condizione sociale e la possibilità concreta, soprattutto per la parte più indigente e più esposta culturalmente, di soddisfare quelle aspirazioni». In questi anni, aggiunge il presule «le Chiese del Sud sono cambiate e hanno intensificato la formazione del clero e dei laici suscitando una maggiore responsabilità dei cattolici verso lo sviluppo del tessuto sociale nel quale vivono. La comunità ecclesiale vuol essere anche oggi come già in passato una particolare forma di aggregazione solidaristica presente capillarmente nella storia del Mezzogiorno ». In Puglia, nota Cacucci, «la vivacità ecclesiale trova particolare riferimento nello sviluppo delle vocazioni e nell’incremento dei seminaristi nel Seminario regionale di Molfetta, ma anche nell’istituzione della Facoltà teologica pugliese sorta nel 2005. Da non sottovalutare, infine, è la vocazione ecumenica di tutte le Chiese di Puglia soprattutto in riferimento all’Oriente ortodosso ». È un Sud dalle mille ricchezza, insomma, quello che da oggi si incontra a Napoli. Un momento della tradizionale processione per la festa di Sant’Agata patrona di Catania