L'europarlamento - Ansa
Per la terza volta in poco più di un anno la Comece, la Commissione degli episcopati dell’Unione europea, interviene pubblicamente per ricordare che non esiste un «diritto fondamentale» all’aborto. Era accaduto due volte nel corso del 2022, e ora l’organismo ecclesiale europeo che ha sede a Bruxelles torna a ribadire il concetto, giuridico ma non solo, sollecitato dal dibattito che si sta sviluppando nelle istituzioni Ue e in diversi Stati membri.
In particolare si registrano spinte affinché sia incluso nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea un presunto diritto all’aborto che possa assumere valore di «diritto umano fondamentale», forzando di fatto gli stessi Trattati Ue e la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo.
Così la Commissione etica della Comece ha ripreso carta e penna, diffondendo questa settimana una dichiarazione intitolata “L’indifendibilità etica di un diritto fondamentale dell’Ue all’aborto” (testo disponibile in inglese sul sito ufficiale www.comece.eu). Il documento sostiene che il rispetto della dignità inalienabile di ogni essere umano in ogni fase della vita – «specialmente nelle situazioni di completa vulnerabilità» – è un «principio fondamentale nelle nostre società democratiche».
Nel rendere noto il testo, il vescovo sloveno Anton Jamnik, presidente della Commissione etica della Comece, ha affermato che «gli Stati membri dell’Unione europea hanno tradizioni costituzionali molto diverse per quanto riguarda la regolamentazione legale dell’aborto, pertanto, costituire un diritto fondamentale all’aborto andrebbe contro i principi generali del diritto dell’Unione».
Chiaro ed esplicito il contenuto della dichiarazione dei vescovi europei: «La dignità umana è un valore fondamentale nei trattati e nella Carta dell’Ue. I padri fondatori dell’Unione europea – vi si legge –, basata sulla genuina tradizione umanistica che fa dell’Europa quello che è, erano ben consapevoli dell’importanza essenziale della dignità inalienabile dell’essere umano», il cui rispetto è un principio costitutivo e irrinunciabile «in una società democratica».
Il documento della Comece si sofferma su aspetti giuridici e socio-culturali. «Da un punto di vista legale, non esiste alcun diritto riconosciuto all’aborto nel diritto europeo o internazionale. Né la Carta dei diritti fondamentali dell’Ue né la Convenzione europea dei diritti fondamentali», patrimonio del Consiglio d’Europa e della Corte dei diritti umani, «approvano tale diritto all’aborto».
Quindi si precisa: «Le competenze legislative degli Stati membri dell’Ue e il principio di attribuzione secondo cui l’Unione agisce solo nei limiti delle competenze che le sono assegnate dagli Stati membri nei Trattati per il conseguimento degli obiettivi da essi previsti (articolo 5.2 del Trattato Ue) dovrebbero essere rispettati. Non ci sono competenze a livello Ue per regolamentare l’aborto». Si tratta dunque di un campo normativo che non è di competenza europea.
Se ciò non bastasse, i vescovi scrivono che la Corte europea dei diritti dell’uomo non ha mai dichiarato l’aborto un diritto umano protetto dalla Convenzione europea dei diritti fondamentali. «Al contrario, ha dichiarato il diritto alla vita come un diritto umano fondamentale».
Inoltre la dottrina generale della Corte europea indica che «in questioni che impegnano più di un diritto umano fondamentale, e su cui i cittadini e gli Stati democratici hanno opinioni diverse, lo Stato membro gode di un ampio margine di apprezzamento nel modo in cui questi diritti sono bilanciati».
L’aborto «impegna il diritto alla privacy nella vita familiare, ma lo Stato ha anche un legittimo interesse a proteggere i bambini non nati e ha il dovere di garantire che le leggi non rafforzino la discriminazione nei confronti delle persone con disabilità o ledano i diritti di coscienza degli operatori sanitari».
La dichiarazione Comece sottolinea inoltre che «il ripetuto appello ad implementare in futuro un nuovo diritto fondamentale all’aborto» nella Carta Ue richiederebbe la complessa procedura di revisione e successiva ratifica dei Trattati stessi. Passaggio obbligato che neppure la Costituzione europea è riuscita a superare.