Sul confine della vita don Carlo Gnocchi scelse di starci nella ritirata di Russia, quando rischiò di morire e diede l'estremo saluto a centinaia di alpini. In Italia iniziò nel 1946 a dedicarsi agli orfani di guerra, ai «mutilatini», ai «mulattini» (i figli delle violenze sessuali in tempo di guerra). E, infine, ai poliomielitici. Morì di tumore il 28 febbraio 1956. Domenica prossima, esattamente nel giorno in cui nasceva 107 anni fa a San Colombano al Lambro, il prete lombardo che l'Italia del dopoguerra chiamò «l'angelo dei bimbi» sarà proclamato beato alle 10 del mattino, sul sagrato del Duomo. La liturgia sarà presieduta dall'arcivescovo Dionigi Tettamanzi, e concelebrata dal cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i vescovi, e dal legato pontificio, l'arcivescovo Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi. Sono attese nella piazza Duomo transennata 40mila persone, ma l'ondata di affetto per don Gnocchi potrebbe portarne nel capoluogo ambrosiano molte di più. Comunque l'evento sarà ripreso in diretta dalla Rai. A mezzogiorno vi sarà il collegamento con piazza San Pietro per l'Angelus del Papa. Naturalmente in prima fila la Fondazione da lui creata nel 1952 con il nome di Pro Juventute e, dopo la sua morte, a lui dedicata. La lasciò con otto centri, oggi è un colosso del non profit europeo con 28 centri in nove regioni italiane e oltre cinquemila tra dipendenti e collaboratori, 3.700 posti letto e 10mila visite quotidiane. Dedita alla riabilitazione, sulla linea del fondatore, oggi ha allargato l'orizzonte. «Siamo sempre sul confine – spiega il presidente, monsignor Angelo Bazzari – lui stava con chi esordiva nella vita con il dolore. Oltre ai disabili, nei nostri centri accogliamo i malati di Parkinson, di Alzheimer, di Sla e sclerosi multipla, gli oncologici terminali e gli stati vegetativi. Credo che anche don Carlo avrebbe scelto così. Siamo diventati ong nel 2000 e operiamo in Africa, Asia e America Latina. Puntiamo molto sulla ricerca scientifica e la formazione, collaborando con 27 università nazionali e tre straniere».Altre realtà protagoniste accanto al prete che il popolo vide protagonista della ricostruzione morale del paese, i Fratelli delle Scuole cristiane, che gli furono accanto nella sua opera di imprenditore della carità, l'Aido perché fu il primo donatore d'organi e, naturalmente i «suoi» alpini. Che da sempre lo venerano e si tramandano la sua lezione di carità. Lo scorteranno in ogni momento della beatificazione e intoneranno «Stelutis alpinis» quando dalla facciata del Duomo scenderà lo striscione della proclamazione a beato. «Don Gnocchi è sempre fra noi – afferma Corrado Perona, presidente nazionale dell'Associazione alpini – in Russia è stato un grande esempio come cappellano militare. Ha ascoltato tante storie, soprattutto di chi non ce l'ha fatta, portando testimonianze importanti in Italia. È andato casa per casa a trovare tutte le famiglie dei caduti. E ha cominciato a occuparsi dell'infanzia sofferente». Per le penne nere era già "sugli altari". Lo confermò Giovanni Battista Montini, quando era arcivescovo di Milano e parlando agli alpini disse: «Eroi eravate tutti; ma lui, per giunta, era santo». Il percorso della beatificazione è cominciato ufficialmente 23 anni fa in diocesi. Un lungo lavoro, «cinque anni a Milano e 17 a Roma», ha spiegato il sacerdote Ennio Apeciti, responsabile diocesano dell'Ufficio per le cause dei santi. «A Milano sono stati ascoltati 150 testimoni e raccolte 12mila pagine di documenti, poi studiate a Roma. Il momento più importante è stato quello del miracolo di Sperandio Aldeni». Educatore straordinario, credeva nella ricerca e nella scienza al servizio della carità e della persona. Anche in punto di morte don Gnocchi volle dare qualcosa agli altri. Chiese infatti di donare le cornee a due ragazzi, Silvio Colagrande che aveva perso la vista ad un occhio per uno schizzo di calce e Amabile Battistello, cieca da un occhio. Fu il primo caso in Italia e aprì la strada ai trapianti.
Milano in festa. Una veglia di preghiera (dalle 17,30 fino a mezzanotte) nella chiesa di San Bernardino alle Ossa, a Milano, accanto all’urna di don Carlo Gnocchi, che resterà coperta fino al momento della beatificazione. Sarà questa, sabato, la vigilia della grande cerimonia in piazza Duomo. Domenica sono attese 40mila persone per la Messa presieduta dall’arcivescovo di Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi. La celebrazione inizierà alle 10 e subito si svolgerà il rito di beatificazione: sarà l’arcivescovo Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, delegato del Papa, a proclamare beato il «papà dei mutilatini». Al termine della Messa, il collegamento video con l’Angelus di Benedetto XVI. Poi il corpo di don Gnocchi sarà trasportato in processione nella chiesa di San Sigismondo, presso Sant’Ambrogio, visitabile dai fedeli fino a martedì, in attesa di tornare in via Capecelatro, ed essere conservato nel Centro della Fondazione nata dalla sua «baracca». Sul sito
www.chiesadimilano.it la diretta della veglia, e dalle 14.30 la registrazione della cerimonia di beatificazione.