Domenica prossima, vigilia della solennità dei Santi Pietro e Paolo, la Chiesa in Italia celebra la Giornata della carità del Papa. In questa occasione i fedeli sono invitati a dare le proprie offerte per l’obolo di San Pietro, che viene raccolto in tutto il mondo cattolico il giorno della festa o nella domenica più vicina. Questa raccolta di fondi, che richiama alla mente le prime collette di cui parlano gli Atti degli Apostoli, si svolge ovunque, tra comunità ricche o povere, fiorenti o costituite da uno sparuto gruppo di persone. Tutti i cristiani, secondo le proprie possibilità, contribuiscono così alla carità del Papa. Ed è interessante constatare come pure le comunità di terre missionarie, bisognose di forti aiuti, offrono il loro contributo molto spesso frutto di tante rinunce personali. Se non si tiene conto di questo spirito, si rischia di non comprendere fino in fondo il significato e il valore di questo gesto di solidarietà che, prima di essere un contributo economico, è un semplice e concreto atto di fede e di amore verso i propri fratelli vicini e lontani. Tocca poi al Papa, come a un buon «padre di famiglia», ridistribuire quanto raccolto secondo le necessità e le urgenze in modo che, proprio come avvenne nelle prime collette di cui parla l’apostolo Paolo nelle lettere ai Corinzi e ai Romani, chi tra chi ha di più e chi ha di meno non vi sia una sperequazione economica, ma tutti sperimentino i vantaggi della fraterna solidarietà. Se i cristiani oggi comprendessero il valore e il significato dell’obolo che viene loro richiesto in questa circostanza, avvertirebbero sicuramente l’importanza di questo loro semplice gesto, che mentre li priva di qualche soldo, li rende vicini a tanti «fratelli» che mai forse incontreranno nella loro vita. Dando il loro contributo nelle parrocchie, nelle comunità religiose e nei gruppi di impegno apostolico, ogni cristiano pone nelle mani del Papa il suo apporto, che prima di essere quantificato in monete è un autentico «dono spirituale», reso tale dalla preghiera e dall’unione con il Papa. Un dono che, attraverso il Successore di Pietro, arriva ai più bisognosi, spesso al centro delle emergenze provocate, ad esempio, da carestie e terremoti. Ma qual è la storia dell’obolo? Giovanni Paolo II diceva che la base fondamentale per il sostegno della Sede Apostolica dev’essere costituita dalle offerte date spontaneamente dai cattolici di tutto il mondo, ed eventualmente anche da altre persone di buona volontà. Questo corrisponde alla tradizione che ha le sue origini nel Vangelo e negli insegnamenti degli Apostoli. Sono dunque anzitutto le radici bibliche quelle che motivano l’avviarsi di tale pratica solidale, che con i secoli è andata affermandosi e dura fino a oggi, dato che la carità verso i bisognosi sarà sempre tra le principali azioni della Chiesa. Tuttavia a dare storicamente avvio a questa istituzione, sono stati, alla fine del secolo VIII, gli anglosassoni che, dopo la loro conversione e manifestando un’attenzione assai concreta, si sentirono tanto legati al Vescovo di Roma, da decidere di inviare in maniera stabile un contributo annuale al Papa. Così nacque il «Denarius Sancti Petri» (Elemosina di San Pietro), che ben presto si diffuse nei Paesi europei, i quali facilmente e liberamente accoglievano, con la fede, anche questa espressione di comunione col centro della cristianità.L’obolo come lo conosciamo oggi nasce per volere di Pio IX, con l’enciclica «Saepe venerabilis » del 5 agosto 1871. Nel 2007 l’obolo raccolto in tutto il mondo è stato di circa 79,9 milioni di dollari. Le offerte maggiori sono arrivate da Stati Uniti, Italia e Francia. Benedetto XVI sorridente abbraccia alcuni bambini e con loro idealmente tutti i bimbi del mondo. È questa l’immagine che accompagna la locandina per la Giornata della carità del Papa che in Italia sarà celebrata domenica prossima 28 giugno