La luce di Dio ci viene attraverso il racconto della sua rivelazione, e così è capace di illuminare il nostro cammino nel tempo, ricordando i benefici divini, mostrando come si compiono le sue promesse», scrive nell’enciclica papa Francesco. Parole in cui riecheggiano i fasci luminosi che attraversano la Sagrada Famiglia di Antoni Gaudì, come fosse un bosco: alberi, fiori, foglie di pietra, ma vive. Lo scultore giapponese Etsuro Sotoo lavora da anni al tempio espiatorio di Barcellona, seguendo le tracce di Gaudì come un vero e proprio discepolo. L’incontro con il genio dell’architettura modernista catalana lo spinse, nel 1991, a convertirsi al cattolicesimo. Illuminò la sua opera. La luce è anche la protagonista della Sagrada Famiglia? «Sì, – risponde – nel senso più assoluto. Era questo l’obiettivo principale di Gaudì, perché questa doveva essere la Cattedrale del Mediterraneo, che è luce. Quanta più luce entrerà nella Sagrada Famiglia, tanto più questa diventerà l’essenza del tempio del Mediterraneo. Nulla qui è oscurità. Con lo stile gotico mediterraneo – lontano dal gotico del nord fino ad allora conosciuto – Gaudì aprì un mondo nuovo all’architettura».
Quale fu il segreto della luce di Gaudì? «L’architettura non può eccedere con le finestre perché indebolirebbero la struttura. L’idea geniale di Gaudì fu la seguente: chiese alla natura, messaggera di Dio, come disegnare la migliore finestra mai realizzata dalle mani dell’uomo. E fu la luce stessa a disegnarla. Lui osservò la nascita del sole e poi il suo tramonto. E questo portò all’iperbole. La genialità di Gaudì sta proprio nell’aver saputo chiedere aiuto, per il disegno perfetto della finestra, alla sua protagonista: la luce la disegnò e lui la scoprì. Un regalo di Dio». È anche per questo che la Sagrada Famiglia è sempre così moderna? «Modernissima. E lo resterà per l’eternità. Forse nel 25° secolo, mentre le auto volanti sfrecceranno per il cielo di Barcellona, la Cattedrale sarà ancora moderna, perché sarà la risposta corretta alle domande giuste». Quali? «La cultura umana va avanti grazie a queste domande che si pongono i geni: chi siamo? Cosa dobbiamo fare? Esiste Dio? Quanto più l’uomo è saggio e colto, tanto più riconosce di non sapere nulla. I più grandi scienziati, alla fine, incontrano sempre Dio: solo i più piccoli lo negano».