C'è un filo agostiniano che corre lungo la
Lumen Fidei, punti in cui Agostino – l’autore più citato – si intravede anche «come fonte teoretica e retorica». Questo secondo Maria Bettetini, docente di Filosofia allo Iulm di Milano, esperta del santo d’Ippona, di cui ha commentato per Einaudi le
Confessioni e ha scritto una introduzione alla sua opera per Laterza. Una di queste tracce, spiega Bettetini, «è quella dell’“uomo fedele che riceve la sua forza dall’affidarsi nelle mani del Dio fedele”, dove emerge quel rapporto personale che Agostino instaura con Dio, nel momento in cui lo riconosce come persona e che prosegue poi per tutto il resto della sua vita e dei suoi scritti. Un incontro amichevole di un Io con un Tu che non era affatto scontato nel IV secolo. Anzi, segna un modo di intendere il rapporto con la divinità totalmente nuovo, dirompente». Un altro tema «è quello della presenza di Dio nell’interiorità, tanto da definire “Dio più intimo a me di me stesso”, che ricorre moltissimo nelle
Confessioni, ma anche in altre opere».
Al paragrafo 33 dell’enciclica, parlando dell’incontro di Agostino con il pensiero greco, il Papa scrive che «il suo incontro con il neoplatonismo gli ha fatto conoscere il paradigma della luce, che discende dall’alto per illuminare le cose, ed è così un simbolo di Dio». Per Bettetini «tutta la filosofia greca ha inteso la luce come una metafora del divino, però è una metafora che riporta a un rapporto intellettuale: l’avvicinamento al primo principio è un lavoro filosofico, che possono fare solo i sapienti, che possono permettersi solo coloro che si dedicano alle arti liberali».
Quello che Lumen Fidei richiama, facendo riferimento sempre ad Agostino, alla voce “sentita” da lui nella famosa scena del giardino, come già da Abramo o da Mosé sul Sinai, è che l’apertura alla fede – continua Bettetini – «è sentire una voce che chiama personalmente: questo genera un altro tipo di rapporto con il primo principio. Nell’enciclica la visione della luce e l’ascolto della chiamata non sono in contraddizione, così come per Agostino: nel decimo libro delle Confessioniparla infatti della luce come della più bella fra le realtà materiali create da Dio».
Ma per Bettetini l’incontro fra neoplatonismo e cristianesimo agostiniano, anche se appena accennato nel testo, lo si può ritrovare anche nel «ritorno del molteplice all’uno e del Figliol prodigo al Padre. In Plotino prima e in Porfirio poi si parla proprio di questo movimento di allontanamento dal primo principio – che può essere detto anche padre, Uno – e di ritorno. In Agostino il ritorno è più esistenziale, dentro se stessi». Infine l’ultima grande idea agostiniana, «quella della città futura», a cui è dedicato il quarto capitolo del testo, «Dio prepara per loro una città», che rimanda anche a quel capolavoro imperituro che è la Civitas Dei.