Oggi a Milano vengono ordinati 8 diaconi permanenti - Dal Web
«Perché non vai in palestra e ti dedichi un po’ a te stesso?» Flavia e Simone Violante ogni tanto lo chiedono a papà Pasquale, le cui giornate sono scandite da attività significative e appassionanti. Pasquale è uno dei quasi 5.000 diaconi permanenti italiani, che coadiuvano i pastori nelle parrocchie e nelle diocesi. «Il diacono permanente è un ministro ordinato che condivide la vocazione alla guida della comunità cristiana. Il diaconato non è – come alcuni pensano – solo un grado di passaggio al presbiterato, è una vocazione specifica all’interno del ministero dell’Ordine, ed esercita una leadership che può orientarsi in modalità e ambiti diversi da quello del parroco, ma in piena sinergia e corresponsabilità con i preti impegnati nella loro missione nelle comunità cristiane», spiega padre Luca Garbinetto, teologo pastoralista, membro della Pia Società San Gaetano di Vicenza.
La congregazione religiosa il 22 gennaio 1969 ha offerto alla Chiesa i primi sette diaconi permanenti. Sono passati cinquantacinque anni, e sul diaconato si continua a riflettere. Per fare il punto su questa presenza nella vita della Chiesa, la Conferenza episcopale triveneta ha recentemente promosso un’indagine sociologica, che ha interessato oltre il 60% dei 388 diaconi permanenti (età media intorno ai 66 anni) del Nordest. Ne sono emerse la buona qualità delle relazioni familiari (oltre l’80% dei diaconi permanenti sono coniugati) e la capacità dei diaconi di vivere il luogo di lavoro come luogo di evangelizzazione. Esercitano il loro ministero specialmente nella liturgia, nell’annuncio della Parola e della carità; la maggior parte (oltre i due terzi) opera nel contesto delle parrocchie e/o delle unità e collaborazioni pastorali. «L’indagine evidenzia anche che ci sono a volte ancora difficoltà nel riconoscere lo specifico del diacono, da parte sia della gente che dei pastori – riprende padre Garbinetto –. Ma ci sono anche bellissime esperienze con diaconi che operano in vari settori – dalla sanità alle carceri – coordinando anche il lavoro dei preti. Persiste poi una certa confusione tra diaconato permanente e diaconato transeunte, quello cioè che precede il sacerdozio. Io penso che quest’ultimo andrebbe radicalmente ripensato. E andrebbe trovata una risposta sul senso della specificità del ministero diaconale, che è sacramentale, e non è secondario a quello sacerdotale. Per questo, da anni stiamo insistendo con la Conferenza episcopale italiana affinché costituisca una commissione specifica». La Pia Società San Gaetano gli scorsi 18 e 19 ottobre ha promosso il convegno “Diaconi e preti insieme, per una leadership sinodale”, alla cui organizzazione ha partecipato anche Pasquale Violante, cinquantasette anni, insegnante di Fisica, e con un diploma di Magistero in Scienze Religiose. Vive a Scafati, in provincia di Salerno, diocesi di Nola, dove si divide fra il lavoro e, appunto, gli impegni da diacono, molti dei quali condivisi con la moglie. «Il ruolo della moglie accanto al diacono sposato è cruciale – ripende padre Garbinetto –. Non si tratta solo di avere il suo consenso all’ordinazione, ma dev’essere coinvolta nel discernimento vocazionale, e nella formazione iniziale e permanente».
«Quest’anno per me è stato ricco di doni – racconta Pasquale –. Ho festeggiato dieci anni da diacono e venticinque di matrimonio con Carla, di cui amo sia la straordinarietà che le debolezze. Ho sempre sentito dentro di me una spinta a seguire il Signore più da vicino, ma non conoscevo il diaconato. È stato il libro “I diaconi” di Enzo Petrolino, presidente della Comunità del diaconato in Italia, a illuminarmi. Mi sono detto: “forse il Signore mi chiama a questo”. Ed eccomi qui. Da allora sono passati vent’anni, dieci di formazione e dieci da ordinato. Ricordo ancora l’emozione di quel giorno, prostrato a terra in segno di totale abbandono alla volontà di Dio. Ma non mi sento certo arrivato. Mi sento in cammino. So di aver fatto delle cose belle, ma sento di dover ancora crescere per poter offrire al meglio il mio contributo al Regno di Dio e alle persone che mi fa incontrare ogni giorno. Ho voluto diventare diacono – testimonia Pasquale – per lo stesso motivo per il quale ho voluto sposare Carla: il profondo desiderio di sentirmi amato e di dare amore. Sì, perché al centro di ogni azione umana c’è sempre il desiderio. Sono diventato uno sposo mosso dal profondo desiderio di sentirmi amato da Carla e di donarle amore. Sono diventato un diacono mosso dal profondo desiderio di sentirmi amato dal Signore e di amarlo».