sabato 1 febbraio 2025
La carmelitana suor Maria Daniela Solustri, 53 anni, da 12 soffre di una patologia degenerativa. Che la spinge a rinnovare la sua donazione, in un modo differente e imprevisto
La carmelitana suor Maria Daniela Solustri

La carmelitana suor Maria Daniela Solustri - .

COMMENTA E CONDIVIDI

Dal fidanzamento unito al sogno di insegnare Lettere, alla vita monastica nel Carmelo di Sutri e dal 2019 in quello di Cerreto di Sorano, in provincia di Grosseto, dove ha chiesto di essere trasferita per motivi di salute. Suor Maria Daniela Solustri, 53enne originaria di Roma, da 12 anni è affetta da sclerosi multipla e il Signore in un certo senso l’ha via via allenata alle sue «irruzioni di grazia» che sembrano scompaginare i suoi giorni e invece danno luce, un senso ancora più profondo al suo cammino esistenziale e spirituale. Le hanno chiesto di riassumere la sua testimonianza nel volume “Adesso basta” (Effigi editore) «per incoraggiare gli sfiduciati a prendere in mano la loro sofferenza e viverla come nuova apertura alla vita. Perché Dio ama e si prende cura di tutti, in modalità sorprendenti che confermano la nostra povertà e la sua grandezza».

Il titolo viene da una frase che si è sentita ripetere spesso da bambina e che è diventata «un gioco equivalente all’esortazione evangelica a farsi piccoli: non tanto il peso di un divieto, quanto la leggerezza di lasciare ciò che pesa troppo o tira troppo la corda». Scrive: «Il dolore – in Cristo – non è forse un passaggio necessario per far nuove tutte le cose? Vorrei cantare che è bello, utile e necessario esplorare fatiche e sofferenze in modo coraggioso, tanto quanto le gioie e le affascinanti avventure che ci attendono in ogni fase della vita. Si affina l’attenzione a quello che realmente consente di prendere il largo».

Nel 1999 il suo direttore spirituale le consiglia la lettura di “Storia di un’anima”, di santa Teresa di Lisieux: «Lei parla di vita quotidiana, di come reagisce per costruire relazioni con le sorelle e con il Signore in maniera semplice. Da qui a discernere che il Signore mi chiamava alla vita contemplativa c’è voluto un anno. Mi attraeva il desiderio di fare il volontariato negli ospedali, di essere impegnata in un servizio alla sofferenza, stare in un ambiente dove un gruppo di persone strappano dalla morte alla vita. Ma l’esperienza di preghiera in monastero a Sutri mi ha stravolto: quando si riconosce una spiritualità famigliare, avviene come un abbraccio che sorprende», ricorda suor Daniela, entrata come postulante il 14 novembre 2000, «memoria di tutti i santi carmelitani e data del mio Battesimo. Ho percepito il valore della dimensione fraterna nella comunità religiosa. Ognuno di noi desidera vivere la relazione con Dio e con il prossimo: si trova la strada per viverla nel modo migliore, per restituire l’amore ricevuto nella forma più feconda».

Nella comunità di Cerreto ha maturato «la modalità più affine alla mia indole per portare consolazione, ispirata dal carisma che in questa terra – visitata dall’alto per un’apparizione della Vergine addolorata – si esprime con particolare delicatezza». Il filo rosso della sua vocazione, quindi, resta quello di «fare rete con delle persone per trasmettere vita: una forma di maternità per portare Cristo e annunciarlo attraverso la mia esperienza di preghiera per portare la consolazione e la speranza di un’esistenza unita con Dio», precisa. «La malattia possiamo vederla come una serie di problemi o come punto di forza – aggiunge suor Daniela, che è anche giornalista e direttrice dell’Ufficio per le Comunicazioni di Pitigliano-Sovana-Orbetello –. Mi colpisce che persone con la mia malattia pensino all’eutanasia o si lascino andare; per me è un’opportunità per vivere con più intensità e un’occasione di speranza ed evangelizzazione».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: