Giovani della Gmg si abbracciano alla Messa finale a Paqnama (Cristian Gennari / Siciliani)
«Le membra più deboli sono le più necessarie». Lo ripeteva spesso don Oreste Benzi, il fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII che ha case-famiglia in tutti continenti. Una vita spesa con gli ultimi, accanto ai più poveri dei poveri per condividerne i bisogni e il destino, e anche per trovare la propria salvezza.
Una vocazione ad andare nelle periferie geografiche ed esistenziali, come invita a fare papa Francesco, che portò l’associazione fondata dal sacerdote riminese ad aprire la prima casa-famiglia all’estero in Zambia nell’ormai lontano 1985. E proprio dallo Zambia sono venuti in quattro alla Gmg di Panama, tra le migliaia di appartenenti alla Papa Giovanni XXIII.
Con Matteo Santini, direttore dell’Ufficio di pastorale giovanile dell’associazione, ci sono due ragazzi: Charles Mumba, 18 anni, e Hassan Kalunga, 20. Entrambi sono stati aiutati tramite il Cicetekelo Youth Project. «Cicetekelo – dice Stefano Maradini, responsabile del progetto per i ragazzi di strada – significa speranza. A questi ragazzi vogliamo ridare speranza. E lo facciamo portandoli via dallo sfruttamento e offrendo opportunità di lavoro».
Questo progetto ebbe inizio nel 1997, quando con Maradini si impegnarono Patrick Nukenga e Charles Machila a cui si aggiunse padre Umberto Davoli, un francescano. Questi primi operatori andavano a incontrare i bambini e i ragazzi che vivevano sulla discarica di Ndola, in Zambia. «A oggi il progetto – continua Maradini – coinvolge 300 ragazzi dai 10 ai 22 anni e viene portato avanti con la collaborazione delle istituzioni locali. Si lavora molto anche con le famiglie per favorire la reintegrazione di questi giovani». «Charles e Hassan – aggiunge Santini tornando alla presenza alla Gmg – hanno storie di sofferenza, con situazioni familiari disastrose. A Ndola è molto diffuso il fenomeno dei bimbi di strada che attorno ai 10 anni sniffano colla. Per non sentire la fame, la sete, il freddo e la solitudine, si fanno di colla. La realtà è questa, dove la famiglia non esiste o è disgregata».
La loro presenza a Panama è dovuta all’invito di papa Francesco, perché il Sinodo, la Gmg e tutto ciò che si organizza per i giovani sia davvero per tutti loro. «Anche per quelli lontani – continua Santini – e che fanno fatica ad aderire per ragioni economiche, sociali o logistiche. Ci siamo interrogati come comunità e ci siamo chiesti: chi potremmo supportare per andare a Panama? Chi è più marginale rispetto allo straordinario evento che si sta preparando? Ecco come sono arrivati qua Hassan e Charles. Con loro c’è l’educatore Clement Muma». Da questa Gmg i riscontri per questi ex ragazzi di strada potrebbero avere due valenze. «Prima di tutto – sottolinea Santini – si tratta di un’esperienza unica nel cammino della Chiesa.
Un incontro bello, stupendo, che può ridare fiducia. Può far vedere che c’è ancora una speranza, un futuro, a partire da oggi, da adesso, come ha ricordato il Papa nella Messa finale di domenica. Non ci sono solo le miserie che hanno visto loro». Ma c’è anche altro, come qui questi ragazzi hanno sperimentato. Conclude Santini: «Tornando a casa, abbiamo detto loro, avete una responsabilità. Siete stati scelti voi per la Gmg. Ora portate la gioia di questi incontri preziosi con tanti altri giovani a cui avete stretto la mano, con cui avete scambiato sorrisi e sguardi. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date».