In questo “mosaico” alcuni protagonisti di “Liberi dentro-Eduradio&tv” - Tipo
Comunicare con la “psiche profonda collettiva”: è questa l’intuizione che ha dato vita a Liberi Dentro-Eduradio&Tv, un servizio quotidiano di dialogo tra carcere e città nato tre anni fa, in piena emergenza Covid. Avviata da un manipolo di volontari e insegnanti carcerari, questa start up della solidarietà unica nel suo genere in Italia sarà protagonista di un grande evento pubblico in programma a Bologna martedì 26 settembre nella sede del quartiere Navile. Associazioni ed enti territoriali, scuole di formazione e compagnie teatrali, artisti del carcere, persino una rappresentanza del coro del carcere milanese di san Vittore.
Il Navile ospita nel suo territorio la casa circondariale Rocco D’Amato, “settimo quartiere” della città con i suoi circa mille abitanti (un centinaio le donne). Un quartiere molto particolare, poiché in esso si incrociano drammaticamente i nodi irrisolti della nostra collettività: ad esempio, nella folla dei detenuti per traffico di stupefacenti si legge il bisogno dei giovanissimi (e non) di sostanze proibite per reggere il peso della vita; nella sezione dei sex-offenders, le ferite non sanate delle nostre identità di genere; oltre il cancello dell’Alta Sicurezza ci s’immerge nella dimensione oscura dello “stato nello stato”, il progetto mafioso alternativo alla cittadinanza bella descritta nella Costituzione.
È con questo pezzo di psiche profonda, rappresentanza delle circa sessantamila persone detenute in Italia (un terzo delle quali stranieri), che ha iniziato a dialogare Eduradio&Tv, nel momento in cui tutte le attività rieducative venivano paralizzate dall’emergenza pandemica. L’idea è stata quella di scavalcare gli alti muri con le frequenze radio e Tv (Fujiko, Teletricolore, Lepida, Icaro), per portare voci e volti di volontari, educatori, assistenti spirituali, direttamente nelle celle dove i ristretti passano le loro giornate. Un servizio quotidiano, week-end incluso, che raggiunge tutte le case circondariali dell’Emilia-Romagna.
Oltre 1200 puntate messe in onda da aprile 2020 ad oggi, per parlare di salute e benessere in cella, ginnastica inclusa; di cucina al fornelletto e di cura estetica del corpo; di formazione scolastica e professionale, di giustizia e consulenza giuridica, di teatro e di musica. Decine le associazioni coinvolte, in uno sforzo di fare ponte tra città e carcere. Ma anche all’inverso, dal carcere alla città, considerando le persone detenute nella loro identità ben più ampia di persone, quindi soggetti capaci di produrre cultura, attraverso le loro lettere o le registrazioni effettuate durante tante attività entro le mura.
Un ruolo fondante è stato quello di Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei che non solo ha sostenuto materialmente il progetto, ma che è entrato regolarmente nelle celle mediante la rubrica “In viaggio con don Matteo”. Accanto a lui e al cappellano padre Marcello Mattè, un altro vescovo con lunghissima esperienza carceraria, Giancarlo Bregantini. La dimensione spirituale in carcere è talmente centrale che si è voluto fare spazio anche per altre esperienze significative, come quella buddhista e quella islamica. Quest’ultima, in particolare, è stata curata con grande attenzione, per l’elevata percentuale di musulmani nelle case circondariali della Regione, coinvolgendo l’imam e mediatore culturale Hamdan al-Zekri.
L’appuntamento bolognese del 26 ospiterà anche la testimonianza da Londra di Jules Rowan, autrice del podcast The Life after Prison, messo in onda da National Prison Radio, progetto nato una quindicina d’anni fa con gli stessi scopi di Eduradio&Tv, e che oggi raggiunge tutte le carceri del Regno Unito. Nella sua video-testimonianza dice che questo impegno è stata la svolta della sua vita, decisiva per superare la vergogna del carcere: «Il podcast permette a persone che sono passate attraverso il sistema giudiziario penale di condividere la loro storia e di far sapere al mondo che sono esseri umani e che stanno cercando di migliorare se stessi e costruirsi una vita, e che anche la loro famiglia e i loro amici ne rimangono influenzati. Si cerca di costruire una comunità per le persone, di aiutare a rompere lo stigma».