Sostiene McLuhan che «il mezzo è il messaggio». E aggiungono i giuristi che «la forma è anche sostanza». Due citazioni che aiutano a tracciare un primo bilancio a caldo del V Convegno ecclesiale nazionale, concluso ieri a Firenze. Meditando sul gran discorso di papa Francesco, seguendo i lavori, ascoltando gli echi dei 200 “tavoli”, ripensando alle sintesi delle cinque vie e riflettendo sulle “prospettive” indicate nell’intervento finale dal cardinale Angelo Bagnasco, il dato che maggiormente salta agli occhi è che lo stile sinodale così apprezzato dai 2.200 partecipanti si è fatto esso stesso messaggio, sostanza e contenuto. E questo ha finito per dare anche maggior forza ai contenuti stessi, nuovi e stimolanti, che l’evento ha proposto.È un metodo, quello sperimentato alla Fortezza da Basso, sede dei lavori, che da un lato ha aiutato a riscoprirsi Chiesa consapevole delle energie buone di cui è ricca e che perciò «non parte da zero». Ed è pronta, come sottolineato a più riprese e infine dal presidente della Cei, ad accogliere e a mettere in pratica il vigoroso e paterno invito alla missionarietà che le viene dal Papa. Una Chiesa «in uscita», cioè umile e inquieta, capace di prendersi cura non tanto di se stessa, ma degli uomini e delle donne del nostro tempo, a partire dagli ultimi, dagli «scartati». Una Chiesa che per annunciare il Vangelo nei diversi ambienti si apre più che mai all’«incontro» e vuole contare sulla creatività dei giovani e su un rinnovato protagonismo dei laici, dei quali non a caso ieri Bagnasco ha ricordato il ruolo primario di «animatori delle realtà temporali», consegnato loro dal Concilio, e tanto più in un tempo che inclina a disumani “efficientismi” sul piano economico come su quello antropologico. In definitiva, una Chiesa dal volto di madre e connotata da uno stile di misericordia e di «gratuità». Quello stile che non da oggi è uno dei tratti più peculiari della sua storia, come stanno lì a testimoniare i sei milioni di pasti all’anno distribuiti nelle mense per i poveri o i 115mila servizi per i più bisognosi, dove ogni giorno operatori e volontari incontrano 500mila “solitudini”, confinate nelle periferie esistenziali della nostra epoca.In tal modo Firenze 2015 consegna alle diocesi, alle parrocchie e alle comunità ecclesiali di tutta Italia molto di più che le conclusioni di un Convegno. La sua prima eredità è un dinamismo aperto, che parte dalla preparazione dell’evento, ne attraversa i lavori e si proietta nel futuro, nutrendosi «di cura per l’ascolto, di pazienza per l’attesa, di apertura per l’accoglienza di posizioni diverse, di disponibilità a lavorare insieme». Non una parola di quello che è stato detto andrà persa, anzi i diversi contributi rifluiranno, è stato annunciato ieri da Bagnasco, «in un Testo Unico» destinato a fornire spunti e idee per promuovere la sinodalità a tutti i livelli. È un nuovo inizio, una rivoluzione, una specie di big bang ecclesiale? Più precisamente si tratta di una svolta corale (come nella migliore tradizione dei Convegni ecclesiali decennali), che – facendo tesoro anche della storia – ora chiede di essere trasformata in uno «sguardo» nuovo sulla realtà (sulle sue luci e sulle sue ombre, fuori e dentro la Chiesa). Realtà da abitare con coraggio, predisponendo percorsi educativi anche e soprattutto attraverso le famiglie, annunciando in maniera innovativa i contenuti immutabili della fede, facendosi compagni di strada di tutti non per girovagare senza meta e senza bussola, ma per indirizzare con atteggiamento dialogante verso l’orizzonte di senso di un umanesimo pieno e perciò rigenerante, in Cristo.Da questo punto di vista Firenze assomiglia a un Tabor. L’esperienza è stata bella e illuminante (anche se poco illuminata dai riflettori del circuito mediatico). Perché sia anche fruttuosa, occorre vincere ora la tentazione del “facciamo tre tende”, come nell’episodio evangelico della Trasfigurazione, e rimboccarsi invece le maniche, una volta tornati a casa. Trasfigurato e trasfigurante sarà davvero solo un “convegno” che lungi dall’essere concluso, continua adesso nello stile di una sinodalità che è mezzo e messaggio insieme.