venerdì 16 agosto 2024
Concluso il convegno nazionale. Al termine dei lavori consegnato un testo con sette piste di lavoro per i diaconi permanenti, le Chiese locali e le comunità parrocchiali
Un momento della celebrazione del Giubileo dei diaconi permanenti con papa Francesco del 2016

Un momento della celebrazione del Giubileo dei diaconi permanenti con papa Francesco del 2016 - Agenzia Romano Siciliani/O.R.

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Sette «consegne» per rilanciare e potenziare la presenza dei diaconi permanenti nella Chiesa italiana. Sono indicate nel documento finale che la Comunità del diaconato in Italia ha redatto a conclusione del XXIX Convegno nazionale svoltosi nei giorni scorsi ad Assisi. «Abbiamo la consapevolezza di mettere in atto un rinnovato impegno per l’edificazione di un ministero all’altezza dei tempi che viviamo» commenta Enzo Petrolino, presidente nazionale della Comunità, facendo un bilancio dei lavori che hanno visto i diaconi permanenti (nel nostro Paese ce ne sono 4.800 e sono presenti in quasi tutte le diocesi). Del resto il titolo scelto per l’incontro di quest’anno è stato piuttosto impegnativo: «Diaconi profeti e seminatori di speranza». «La speranza viene dalla vitalità vocazionale, dall’apertura ministeriale al processo di sinodalità - prosegue il presidente Petrolino -, per individuare alcuni orientamenti concreti di fedeltà dinamica ai principi evangelici e antropologici».

Ma quali «consegne», dunque sono emerse dal convegno? Come detto sono sette e si parte dal «rivitalizzare la nostra identità e la nostra missione nella Chiesa italiana». Solo così - ed è il secondo punto - si può «collaborare con le Chiese locali e regionali, declinandolo le nostre iniziative ed attività nelle diverse realtà territoriali». Essere cioè presenza attiva nel contesto in cui ci si trova a vivere il proprio ministero. Non meno importante per il convegno dei diaconi permanenti (terzo punto) è la necessità di «costruire percorsi formativi, per quanto ci compete come Consiglio nazionale, attraverso la realizzazione di convegni, seminari di studio e incontri territoriali». Passaggio di grande importanza, come aveva sottolineato lo stesso presidente Petrolino nell’intervista concessa ad Avvenire presentando il convegno di Assisi. La formazione sempre importante diventa in questo scenario storico ancora più urgente e necessaria alla luce del calo di vocazioni sacerdotali e all’aumento di parrocchie prive della presenza stabile di un prete. Ecco allora, come indicato nel quarto punto, la necessità di «curare in modo particolare i rapporti con i delegati diocesani per uno scambio fruttuoso di esperienze e di problemi emergenti come, le comunità parrocchiali in assenza di presbitero, discernimento e formazione, diaconato e Chiesa locale». Non che oggi sia assente, ma il potenziamento viene auspicato dalla Comunità del diaconato. Dunque non può mancare la collaborazione con le «diverse realtà ecclesiali soprattutto con alcuni uffici della Cei, dove i diaconi sono maggiormente impegnati: pastorale familiare, sociale, della salute, Caritas». Maggior collaborazione con le realtà ecclesiali anche alla luce (sesto punto) «dei processi di revisione dello Statuto, in attesa dell’approvazione della Cei». Infine la settima “consegna”: «Valorizzare la ricchezza delle diversità per creare cose nuove, sempre fedeli a Dio e all’uomo nell’ottica di una compiuta corresponsabilità, in modo da trovare insieme ulteriori spazi di impegno e nuovi luoghi di evangelizzazione, soprattutto sostenendo progetti concreti a favore dei poveri, dei profughi, del pianeta e della pace».

Sette «consegne» su cui i diaconi permanenti sono chiamati a lavorare nei prossimi mesi, augurandosi che «l’esercizio di sinodalità che stiamo vivendo possa costituire l’avvio di un nuovo slancio del ministero diaconale a servizio della Chiesa e della società - conclude il presidente Petrolino -. Il nostro agire, indipendentemente dal momento contingente, deve seguire un orientamento sinodale permanente».

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