«Lasciate che la soluzione dei due Stati diventi una realtà e non resti un sogno » . È il vibrante appello con cui Benedetto XVI si congeda da Israele al termine del suo pellegrinaggio in Terra Santa. Parole forti, lontane da ogni cautela diplomatica e destinate a lasciare il segno in un contesto politico già incandescente, con il governo presieduto da Netanyahu che si oppone alla soluzione dei due Stati (vale a dire, la creazione di uno Stato indipendente palestinese accanto allo Stato d’Israele) ed a pochi giorni dagli incontri che a Washington il presidente americano Obama avrà separatamente con i leader della regione per rilanciare il processo di pace. Parole pesanti quelle di papa Ratzinger, pronunciate subito dopo l’accorato invito a porre fine in queste terre ad ogni spargimento di sangue, combattimento, guerra e terrorismo. Prima di salire sull’aereo della El Al che lo riporterà a Roma il Papa dunque ribadisce con grande chiarezza la posizione della Santa Sede sul Medio Oriente che già aveva avuto modo di esporre nel corso della sua visita a Betlemme di fronte al presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen. Ieri ha ripetuto gli stessi concetti davanti alle autorità d’Israele, a significare che non è in cerca d’interlocutori accomodanti. E torna a parlare del muro ( sì, usa questo termine e non quello di ' barriera di sicurezza' che preferiscono gli israeliani), «una delle immagini per me più tristi di questo viaggio» .Accenna alle ragioni che ne hanno motivato la costruzione ma dice di « pregare per un futuro in cui i popoli della Terra Santa possano vivere insieme in pace ed armonia senza bisogno di questi strumenti di sicurezza e di separazione». Lo dice come amico d’Israele e al tempo stesso come amico del popolo palestinese. Nel suo discorso di commiato Benedetto XVI sembra voler riprendere tutti i temi più delicati e controversi affrontati durante questo viaggio. Per descrivere « i rapporti strettissimi tra cristiani ed ebrei » ricorda d’aver piantato insieme con il presidente Peres un albero d’olivo nel giardino della sua residenza. Un episodio che rilegge alla luce di quanto scrisse san Paolo a proposito dell’albero di olivo ebraico su cui si è innestato il ramo cristiano. Ribadisce la netta condanna dell’antisemitismo. E si sofferma a rievocare la sua visita al memoriale dell’Olocausto di Yad Vashem. Parla di « ebrei brutalmente sterminati» , rispondendo così indirettamente a coloro che gli avevano contestato l’uso del termine «uccisi», accusandolo di essersi comportato in modo troppo freddo e distaccato. Ricordando la sua visita di tre anni fa ad Auschwitz, elenca « madri, padri, mariti, mogli, figli, fratelli, sorelle e amici». Chissà se basterà a chi l’aveva criticato per non essere sceso nei dettagli dell’orrore. Tocca al presidente Shimon Peres esprimere i sentimenti di grande apprezzamento e di profonda gratitudine al Papa la cui visita, dice nel suo discorso di saluto all’aeroporto, « ha toccato i nostri cuori e le nostre menti » . Sottolinea « il contributo significativo che ha dato allo sviluppo di nuove relazioni tra Vaticano ed Israele e del dialogo tra il popolo ebraico e centinaia di milioni di fedeli cristiani » . Ringrazia il Pontefice per la sua condanna dell’antisemitismo e rilancia quella che ritiene la sfida decisiva del nostro tempo: « Separare la religione dal terrorismo » . E con parole ispirate assicura a Benedetto XVI la volontà di giungere alla pace «con i nostri vicini e con i nemici lontani per una vita senza paure e senza lacrime » . In questi giorni si è creata indubbiamente una grande intesa anche sul piano personale tra il presidente israeliano ed il Papa che si salutano, ai piedi della scaletta dell’aereo, con uno scambio non protocollare di baci sulla guancia. Alla cerimonia di congedo è presente anche il premier Netanyahu con alcuni esponenti del governo. Giudizi molto positivi sulla visita di Benedetto XVI in Israele sono stati espressi dai due rabbini- capo ( il sefardita Shlomo Amar e l’askenazita Yona Metzger) che hanno ospitato il Papa nella sede del Gran Rabbinato a Gerusalemme. Critiche invece dagli ultra-ortodossi che si sono lamentati perché, martedì scorso, l’accesso al Muro del Pianto è stato precluso ai fedeli ebrei per far posto al « Re dei cristiani » .