«La gente, con i suoi problemi, ha il diritto di cogliersi al primo posto rispetto alle preoccupazioni rimbalzanti dal dibattito sia pubblico che privato. È necessario e urgente svelenire il clima generale, perché da una conflittualità sistematica, perseguita con ogni mezzo e a qualunque costo, si passi subito ad un confronto leale per il bene dei cittadini e del Paese intero. Davvero ci piacerebbe che, nel riconoscimento di una sana - per quanto vivace - dialettica, inseparabile dal costume democratico, si arrivasse ad una sorta di disarmo rispetto alla prassi più bellicosa, che è anche la più inconcludente». Questo l'appello fondamentale rivolto dal presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, nella prolusione al mondo politico italiano, nell'ultimo periodo protagonista di un clima sempre più di contrapposizione e odio.Nella prolusione Bagnasco ha toccato anche i temi dell'Africa (sulla scia delle emergenze emerse nel corso del recente Sinodo), dell'Anno sacerdotale, dei fondi alle scuole non statali, della Ru486, dell'Europa e della sentenza di Strasburgo sul crocifisso, della crisi, dell'Abruzzo ferito dal terremoto e dell'alluvione di Messina. Ecco alcuni dei passaggi salienti del discorso.
I nuovi martiri in Africa. «Una certa risonanza ha avuto nelle settimane scorse, ma assai di più ne avrebbe meritato, l’annuncio choccante che sette nostri fratelli cristiani sono stati orribilmente uccisi nel Sudan meridionale in una macabra parodia della crocifissione. Erano giovani dai quindici ai vent’anni, e sono stati strappati alle loro famiglie mentre pregavano in chiesa, il che documenta una volta di più la drammatica situazione di quella regione alle prese con una recrudescenza di instabilità sociale nella quale si innestano i raid condotti da ribelli armati provenienti da Paesi vicini. Il tipo di supplizio non può non impressionare, a duemila anni di distanza da quello impareggiabilmente patito dal Signore Gesù, vittima innocente per i peccati del mondo. La notizia ha comprensibilmente impressionato l’assemblea speciale del secondo Sinodo per l’Africa riunitasi in Vaticano dal 4 al 25 ottobre scorso, e ha non poco contribuito a collegare nei nostri pensieri quell’incontro all’epopea apostolica, rafforzando il carattere di profezia che lo stesso incontro è andato svelando agli occhi dell’intera comunità ecclesiale. Davvero anche il nostro è tempo di martiri, per quanto ai popoli della libertà talora sprecata possa sembrare incredibile, e quasi impossibile».
L'Europa e il crocifisso. «[...] Sono vent’anni che l’Europa, in seguito alla caduta del muro di Berlino, ha ripreso a respirare con entrambi i suoi polmoni, per usare l’immagine cara a Giovanni Paolo II, e a percorrere con nuova parresia tutte le strade dell’Europa ormai libera. Cambiamenti vorticosi si sono succeduti, e difficoltà inedite sono affiorate ad Ovest come ad Est, dove l’elemento della secolarizzazione ha finito con l’imporsi quale denominatore comune più rapidamente di quanto si sia radicato il costume democratico. Sappiamo che alla base del cammino europeo non vi possono essere solo strategie politiche o strutture burocratiche, perché le une e le altre – pur necessarie – non sono sufficienti per scaldare i cuori dei singoli e dei popoli in ordine a quel senso di cordiale appartenenza che è indispensabile per sentirsi comunità. L’idea di un’Europa unita si è fatta largo nella mente e nel cuore dei Padri fondatori congiuntamente alla constatazione di quanto il Vangelo aveva lungo i secoli inciso e scavato nella civiltà del vecchio continente. Al punto che di recente il Papa poteva affermare che: «l’Unione Europea non si è dotata di questi valori ma sono stati piuttosto questi valori condivisi a farla nascere e ad essere forza di gravità che ha attirato verso il nucleo di Paesi fondatori le diverse nazioni che hanno successivamente aderito a essa, nel corso del tempo» (Benedetto XVI, Discorso al nuovo Capo Delegazione della Commissione Comunità Europea, 19 ottobre 2009). Questa annotazione non mira certo a riconoscimenti o condizioni di privilegio. Lo diciamo anche a fronte della sentenza alquanto surreale emessa dalla Corte di Strasburgo, a proposito della presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche italiane, nei confronti della quale bene ha fatto il Governo ad annunciare ricorso».
La Ru486 e i fondi alla scuola libera. «[...] In questa prospettiva, sia consentito esprimere qualche riserva su due problemi. Il primo riguarda il via libera concesso dall’Aifa, infine e nonostante tutto, alla pillola Ru486. Per nessuno la nostra radicale riserva vuol suonare come una mancanza di rispetto o di stima, e tuttavia non possiamo non dire che l’intera operazione volta a rendere fruibile la controversa pillola non ci ha convinto né come cittadini né come pastori. A questo punto, ciascuno naturalmente si fa carico delle proprie responsabilità circa gli effetti concreti sulla salute delle persone che vi ricorreranno ed il rispetto delle condizioni minime che sono state a fatica riconosciute come indispensabili per la sua assunzione. Nello stesso tempo non si potrà non riconoscere, come già fa la legge 194, la possibilità dell’obiezione di coscienza agli operatori sanitari, compresi i farmacisti e i farmacisti ospedalieri, che non intendono collaborare direttamente o indirettamente ad un atto grave».«[...] Un auspicio sia consentito esprimere per quanto riguarda i fondi destinati al sistema dell’istruzione non statale, cioè alla scuola libera: ci si augura infatti che le cifre inizialmente previste con decurtazioni consistenti, possano essere prontamente reintegrate in modo da consentire agli enti erogatori dei servizi di mantenere gli impegni già assunti».
L'Abruzzo, Messina, la crisi. «[...] Le tragedie per cause naturali che ciclicamente colpiscono il territorio nazionale – come non andare ancora una volta col nostro pensiero all’Abruzzo e a Messina? - invocano una disponibilità da parte di tutte le forze politiche a scelte risolutive sulle annose questioni che rendono debole il sistema-Italia, sistema che invece oggi come non mai dovrebbe rivelarsi scattante per cogliere al balzo i cenni di uscita dalla crisi e potenziarli, così da accorciare le sofferenze che la situazione dell’economia mondiale ha finito per scaricare sulle categorie più deboli, specialmente sul fronte del posto del lavoro. Il Paese deve tornare a crescere, perché questa è la condizione fondamentale per una giustizia sociale che migliori le condizioni del nostro Meridione, dei giovani senza garanzie, delle famiglie monoreddito. Il nostro popolo, che tanti sacrifici ha affrontato e affronta, gradirebbe davvero uno scatto in avanti nel segno della risolutezza e del superamento delle campagne denigratorie come delle polemiche strumentali. Ciascuno, ripeto, è chiamato in causa in quest’opera d’amore verso l’Italia: è una responsabilità grave che ricade su tutti, in primo luogo sui molti soggetti che hanno doveri politico-amministrativi, economico-finanziari, sociali, culturali, informativi. La Chiesa è presente con la parola del Vangelo che da un capo all’altro del Paese risuona come un continuo richiamo e un lieto annuncio».