lunedì 8 ottobre 2012

​La grande novità del Vangelo è che ha mostrato all'uomo un Dio che ha rotto il "silenzio della storia": così il Papa, intervenuto questa mattina durante la prima sessione del Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione. Il relatore generale, card. Wuerl, ha parlato della secolarizzazione come di uno tsunami. VERSO L'ANNO DELLA FEDE: VAI AL DOSSIER
Il cardinale Wuerl: secolarizzazione come uno tsunami
La Messa di apertura del Papa: il Crocifisso segno distintivo | IL TESTO DELL'OMELIA
DIARIO DAL SINODO Il martirio di una testimonianza credibile (di Franco Miano)

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Il cristiano? «Non deve essere tiepido». Nei credenti, la fede «deve divenire fiamma dell’amore». Una fiamma «che realmente accende il mio essere, che diventa la grande passione del mio essere e così accende il prossimo». È questa, e null’altro, «l’essenza dell’evangelizzazione».È il senso e la prospettiva di questa XIII Assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovi, così come Benedetto XVI, intervenendo alla prima Congregazione generale di ieri mattina, li ha sintetizzati rivolgendosi ai 262 Padri sinodali e agli altri uditori, esperti, delegati fraterni e invitati speciali che, fino al 28 ottobre, affronteranno il tema La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana. Tema cruciale e impegnativo, come ha sottolineato papa Ratzinger nella meditazione proposta ai presenti, parlando a braccio, dopo dopo la lettura e la preghiera iniziali, e prima che il cardinale Donald Wuerl, arcivescovo di Washington, svolgesse la sua relazione generale introduttiva dei lavori. Tema che, per il Pontefice, è sotteso agli interrogativi decisivi per ogni cristiano: «Dietro il silenzio dell’universo, dietro le nuvole della storia, c’è un Dio o non c’è? E se c’è questo Dio, ci conosce, ha a che fare con noi? Questo Dio è buono e la realtà del bene ha potere nel mondo, o no?».«Questa domanda, è oggi così attuale come lo era in quel tempo», ha aggiunto ancora Benedetto XVI, osservando come «tanta gente si domanda: Dio è un’ipotesi o no? È una realtà o no? Perché non si fa sentire? "Vangelo" – è stata la sua risposta – vuol dire che Dio ha rotto il suo silenzio: Dio ha parlato, Dio c’è, Dio ci conosce, Dio ci ama, è entrato nella storia. Gesù è la sua Parola, il Dio con noi, il Dio che ci mostra che ci ama, che soffre con noi fino alla morte e risorge».E allora dunque, ha aggiunto toccando il cuore dell’obiettivo del Sinodo, se «Dio ha parlato, ha veramente rotto il grande silenzio, si è mostrato», il punto vero è «come possiamo far arrivare questa realtà all’uomo di oggi affinché diventi salvezza?». Come gli apostoli non crearono la Chiesa «elaborando una costituzione», ma raccogliendosi in preghiera in attesa della Pentecoste, così «noi – ha affermato – non possiamo fare la Chiesa, possiamo solo far conoscere quanto ha fatto Lui. La Chiesa non comincia con il nostro fare, ma con il fare e il parlare di Dio», perché «solo Dio può creare la sua Chiesa. Se Dio non agisce, le nostre cose sono solo nostre e sono insufficienti. Solo Dio può testimoniare che è Lui che parla e ha parlato».Al primo posto, dunque, dev’esserci la preghiera, e «non è una mera formalità» se, ha detto il Papa, ogni riunione sinodale comincia con la preghiera, ma piuttosto una dimostrazione di consapevolezza del fatto che «l’iniziativa è sempre di Dio, che noi possiamo implorarla e che, con Dio, la Chiesa può solo “cooperare». A questo, immediatamente, segue la confessio, ovvero la confessione pubblica della propria fede. Atto, per il Papa, che  è più che un professare la fede in Cristo, ma una vera e propria “confessione”, come quella fatta con coraggio davanti a un tribunale «davanti agli occhi del mondo», pur sapendo che potrà costare. Infatti, ha spiegato, «questa parola "confessione", che nel linguaggio cristiano latino ha sostituito la parola "professione", porta in sé l’elemento martirologico, l’elemento del testimoniare davanti a istanze nemiche alla fede, testimoniare anche in situazioni di passione e di pericolo di morte». Ciò, aggiunge, «garantisce la credibilità», in quanto la confessio non è qualunque cosa che si possa lasciar anche cadere», ma «implica la disponibilità a dare la mia vita, ad accettare la passione».Per rendere visibile la confessione, ha quindi aggiunto il Pontefice, è tuttavia necessario una sorta di "abito" che «la renda visibile». È, questo, la «caritas, ossia la più grande forza che «deve bruciare nel cuore di un cristiano»: «C’è una passione nostra – ha concluso Benedetto XVI – che deve crescere dalla fede, che deve trasformarsi in fuoco della carità. Il cristiano non deve esser tiepido. Fede deve divenire in noi fiamma dell’amore: fiamma che realmente accende il mio essere».
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