Sono riuniti di nuovo come quattro anni fa. Allora in piazza San Pietro, con lo sguardo rivolto verso quella finestra dove si consumavano le ultime ore terrene di Giovanni Paolo II. Adesso all’interno della Basilica, dove Benedetto XVI, che da papa Wojtyla (come egli stesso sottolinea) ha ricevuto «in eredità la fiaccola della fede e della speranza», li ha radunati per la Messa solenne con cui, insieme, il Pontefice e i giovani ricordano il quarto anniversario della morte del Papa avviato già verso l’onore degli altari. Ma in fondo l’atmosfera di preghiera e di raccoglimento è la stessa. E la presenza di Giovanni Paolo II, anche se i sensi non possono sperimentarla, si avverte eccome. È palese nelle parole dell’omelia (che Avvenire pubblica integralmente) e nell’affetto con cui il suo successore sulla Cattedra di Pietro ne parla ai giovani. «Sin da giovane – sottolinea, infatti, papa Ratzinger – si mostrò intrepido e ardito difensore di Cristo» e «non accettò di scendere a compromessi quando si trattava di difendere la sua verità». Si avverte anche grazie alla presenza del cardinale Stanislaw Dziwisz, arcivescovo di Cracovia, e in precedenza segretario personale di Karol Wojtyla. Ma si percepisce ancora più chiaramente nella grande partecipazione dei giovani e nell’entusiasmo con cui alla fine della Messa si stringono intorno al successore di Pietro. Sono arrivati dalla Polonia, da Sydney (sede dell’ultima Gmg) e da Madrid (che ospiterà la prossima nel 2011). Ma soprattutto ci sono i giovani romani. Giovanni Paolo II era solito incontrarli proprio il giovedì prima della Domenica delle Palme, in vista della Giornata mondiale della gioventù che si celebra su base diocesana. E oggi, per una felice coincidenza, questo giovedì segna anche l’anniversario della morte di papa Wojtyla. Così la Messa in San Pietro assume una duplice valenza. Fare memoria del grande Pontefice e raccoglierne l’eredità. Benedetto XVI parla di una vera e propria «generazione », formatasi alla scuola di ben 23 Gmg e che nell’ora della morte «volle manifestargli di aver compreso i suoi ammaestramenti». «Anch’io – aggiunge il Papa – ho voluto riprendere questa sua ansia, soffermandomi in diverse occasioni a parlare dell’urgenza educativa che concerne oggi le famiglie, la Chiesa, la società e specialmente le nuove generazioni». Ma soprattutto a Benedetto XVI sta a cuore che l’eredità del Papa non vada dispersa. Perciò non basta avere speranza, sottolinea il Pontefice, ma occorre essere speranza. «Fate attenzione – raccomanda infatti ai suoi giovani amici – in momenti come questo, dato il contesto culturale e sociale nel quale viviamo, potrebbe essere più forte il rischio di ridurre la speranza cristiana a ideologia, a slogan di gruppo, a rivestimento esteriore. Nulla di più contrario al messaggio di Gesù! Egli non vuole che i suoi discepoli “recitino” una parte, magari quella della speranza. Egli vuole che essi “siano” speranza, e possono esserlo soltanto se restano uniti a Lui! Vuole che ognuno di voi, cari giovani amici, sia una piccola sorgente di speranza per il suo prossimo, e che tutti insieme diventiate un’oasi di speranza per la società all’interno della quale siete inseriti». È questa «la fiaccola che Giovanni Paolo II ci ha lasciato in eredità», conclude Benedetto XVI. E poi rivolgendosi in particolare ai giovani di Roma: «Continuate ad essere sentinelle del mattino, vigili e gioiosi in quest’alba del terzo millennio». Infine il Papa si reca nelle grotte vaticane per un momento di preghiera sulla tomba del suo predecessore, che «dal Cielo – aveva detto poco prima – non cessa di accompagnarci e di intercedere per noi».