Lei, che parlava il dialetto più che l’italiano, si definiva «nu vermu di terra», un «verme di terra». Eppure adesso tutta la Calabria si commuove per la sua morte. Natuzza Evolo, la donna attorno alla quale, per anni, centinaia di migliaia di fedeli si sono riuniti in preghiera nel piccolo borgo di Paravati, nell’entroterra vibonese, è spirata all’alba del giorno di Ognissanti. Aveva 85 anni e, anche se si era sposata ed era diventata mamma di cinque figli, fin dall’adolescenza era stata al centro di fenomeni inspiegabili che lei aveva sempre vissuto con grande umiltà e – come hanno più volte ripetuto i vescovi che si sono succeduti nella diocesi di Mileto – con uno spirito di assoluta obbedienza alla Chiesa.
Il funerale al «cantiere» Sul suo corpo apparivano nel periodo quaresimale ferite sanguinanti per le quali non è mai stato possibile trovare una giustificazione scientifica. Spesso si è parlato anche dei casi di emografia che l’avrebbero riguardata e soprattutto dello stato di trance che l’assaliva. La prima volta si registrò il 26 luglio 1936, quando per sette ore i medici cercarono di capire cosa stesse accadendo. La più significativa, invece, avvenne nel 1944, quando Natuzza raccontò di aver avuto una visione e di essersi sentita annunciare la costruzione di «una grande casa per alleviare le necessità di giovani, anziani e di quanti altri si troveranno nel bisogno, con una grande chiesa che si chiamerà "Cuore immacolato di Maria rifugio delle anime"». Quarantatrè anni dopo, il 13 maggio 1987, l’allora vescovo di Mileto, Domenico Tarcisio Cortese, diede l’assenso alla nascita di un’associazione, poi divenuta fondazione, che portava quel nome ed era finalizzata tra l’altro alla realizzazione dell’opera. E proprio davanti al cantiere di questa struttura, è stato allestito l’altare sul quale oggi pomeriggio, alle 15, il vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, Luigi Renzo, presiederà la liturgia funebre per Natuzza Evolo. La questura di Vibo Valentia ha annunciato che sono attese più di cinquantamila persone, in quel piccolo borgo nel quale domenica mattina, alla notizia della morte della donna, le campane hanno suonato a festa. «Questo non può essere un giorno di lutto perché Natuzza è tornata alla casa del Padre», ha detto il parroco di Paravati, don Pasquale Barone. Da quando la camera ardente è stata allestita all’interno della sede della fondazione, i fedeli non hanno mai smesso di arrivare e sostare in preghiera, persino durante le notti. Anche a Roma, oggi pomeriggio, in contemporanea con i funerali, verrà celebrata una Messa in memoria di Natuzza: la presiederà, nella Basilica di San Pietro, monsignor Emery Kabongo, arcivescovo emerito di Luebo ed ex segretario particolare di Giovanni Paolo II.
«Accogliere la volontà di Dio» Del resto, al di là dei fenomeni più suggestivi, Natuzza Evolo è entrata nel cuore della gente per la sua capacità di guidare i fedeli nell’accogliere la volontà di Dio. Un carisma che è stato guardato con rispetto e tenerezza anche dalla Chiesa. Il suo rapporto con il clero locale è stato costante. Il suo padre spirituale, don Michele Cordiano, parlando della sua esistenza ha detto che «fino alla fine è stata vissuta in totale donazione al Signore». Anche il vescovo ha ricordato l’opera di Natuzza e in particolare i Cenacoli di preghiera da lei ispirati, costituiti a partire dal 1994 e oggi diffusi in tutto il mondo. Natuzza ha sempre sottolineato che essi erano «di Gesù e Maria» e che in essi avrebbe dovuto sempre regnare «la carità e l’umiltà di Gesù»: «In questi anni – diceva – ho appreso che le cose più importanti e gradite al Signore sono l’amore per gli altri e la loro accoglienza, la pazienza, l’accettazione e l’offerta gioiosa al Signore di quello che quotidianamente ci chiede per amore suo e delle anime: l’ubbidienza alla Chiesa». Anche a chi arrivava a Paravati per sottoporle i propri problemi, le sue parole semplici di donna analfabeta non offrivano soluzione ma conforto nella preghiera. E la gente, per questo, non ha mai smesso di amarla.