Parlare di famiglia affinché si cominci sul serio a "fare" per la famiglia. Parlarne, perché sia ben chiaro che la famiglia non va relegata al privato ma è un affare pubblico. Parlarne tra cattolici proprio perché non riguarda i soli cattolici, ma tutti; e le Settimane sociali, fin dal loro esordio a Pistoia nel 1907, hanno sempre, sempre, sempre guardato al bene comune, mai agli interessi di parte.Il Teatro Regio mostra ancora i nobili portoni chiusi, ma è già un bel coro coerente tra i cinque che presentano l’appuntamento. La squadra: due arcivescovi, monsignor Cesare Nosiglia che gioca in casa nella sua Torino, e monsignor Arrigo Miglio, natali piemontesi, alla guida di Cagliari e presidente del Comitato scientifico delle Settimane sociali; una religiosa, suor Alessandra Smerilli, economista, che del Comitato è segretaria; un presbitero, monsignor Domenico Pompili, portavoce Cei; e un laico, Luca Diotallevi, sociologo, che del Comitato è vicepresidente.L’appuntamento torinese si dipana. È la Settimana sociale numero 47, la quarta che si tiene a Torino (dopo il 1924, il 1952 e il 1993), la quarta pure che contenga nel titolo la parola "famiglia" (dopo Napoli 1910, Genova 1926 e Pisa 1954), la settima della seconda stagione, dopo il lungo stop tra il 1970 e il 1991.Un unico, grande racconto in 47 capitoli. La storia dell’affetto, dell’attenzione, della premura, dell’amore con cui i cattolici guardano alla società italiana. E la leggono, servendosi come chiave della dottrina sociale della Chiesa. Queste sono le Settimane sociali e le parole, che sono importanti, ne costituiscono una delle prove. «La parola speranza – osserva Miglio – era nel titolo di Reggio Calabria, tre anni fa; ha risalito la penisola ed è nel titolo oggi, a Torino». La parola speranza può avere un suono retorico e un sapore insipido, ma soltanto se chi se ne serve non pensa, non progetta, non agisce: «Nella parola speranza – prosegue il presidente del Comitato organizzatore – è racchiusa la nostra voglia di guardare al futuro, anzi di più: la consapevolezza che possiamo averlo, un futuro; e che il Paese ne è la capacità».Nella migliore tradizione delle Settimane, gli oltre 1.300 delegati cercheranno "ragioni di speranza" secondo un metodo consolidato, quello che Pompili riassume in tre verbi: «Ascoltare, per individuare il mutamento, per guardare le famiglie per ciò che veramente sono, evitando la trappola dei luoghi comuni; confrontare, cercando una linea interpretativa convincente; proporre, definendo obiettivi e soluzioni in vista del bene comune». Ed è suor Smerilli a mostrare come i tre verbi saranno declinati da oggi pomeriggio a domenica mattina.Pompili è il primo ad aprire il coro: «Sarebbe un grave errore di miopia relegare la famiglia nel privato». Segue Miglio: «La famiglia un tema confessionale? No, riguarda tutti; e confinarla nel privato sarebbe un enorme sbaglio. Da questa prospettiva bisogna ragionare per arrivare a capire che primato della famiglia non significa ignorare né calpestare i diritti e i doveri di altre forme di convivenza». Conclude Diotallevi: «Questo non è un appuntamento solo per cattolici. A ben guardare, non è neppure solo ed esclusivamente sulla famiglia, che non può essere estrapolata dal contesto sociale a cui appartiene. Ed è la stessa Costituzione a dirci con chiarezza che la famiglia è una faccenda pubblica».Che l’interesse sia pubblico è testimoniato anche dal numero crescente di politici che ieri davano la loro adesione. Verranno davvero, al Teatro Regio? L’attesa è rivolta soprattutto a Enrico Letta, che ha annunciato la sua presenza per domani mattina.Non sarà dunque un "convegno ombelicale", con i cattolici che si parlano addosso. Lo ribadisce anche Nosiglia: «La Settimana sociale è un laboratorio per condividere esperienze e idee, con l’obiettivo di un nuovo patto sociale». E ci saranno tutte le famiglie, «quelle che resistono e quelle che soffrono», ricorda Miglio; soprattutto le seconde: «Siamo vicini a ogni situazione di sofferenza. Vicini, per rendere tangibile l’amore di Dio». Era una sorta di eco all’affermazione di Nosiglia, che può far da sfondo all’assise: «Oggi più che mai abbiamo bisogno di relazioni fondate sull’amore».