Nel segno della continuità. Potremmo definire questa la decisione di papa Francesco circa il motto e lo stemma papale. Infatti il motto resterà «miserando atque eligendo», ed è tratto dalle Omelie di san Beda il Venerabile, il quale, commentando l’episodio evangelico della vocazione di san Matteo, scrive: «Vidit ergo lesus publicanum et quia miserando atque eligendo vidit, ait illi Sequere me» (Vide Gesù un pubblicano e siccome lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse: Seguimi). Questa omelia è un omaggio alla misericordia divina ed è riprodotta nella Liturgia delle Ore della festa di san Matteo. Essa riveste un significato particolare nella vita e nell’itinerario spirituale del Papa. Infatti, nella festa di san Matteo dell’anno 1953, il giovane Jorge Bergoglio sperimentò, all’età di 17 anni, in un modo del tutto particolare, la presenza amorosa di Dio nella sua vita. In seguito ad una confessione, si sentì toccare il cuore ed avvertì la discesa della misericordia di Dio, che con sguardo di tenero amore, lo chiamava alla vita religiosa, sull’esempio di Sant’Ignazio di Loyola.Anche per lo stemma papale, Francesco ha deciso di conservare tutti gli elementi presenti nello stemma scelto fin dalla sua consacrazione episcopale.Lo scudo blu è sormontato dai simboli della dignità pontificia, uguali a quelli voluti dal predecessore Benedetto XVI (mitra collocata tra chiavi decussate d’oro e d’argento, rilegate da un cordone rosso). Confermato dunque l’abbandono del simbolo della tiara papale o triregno, che veniva posta sul capo del nuovo Papa (l’ultimo a indossarla fu Paolo VI, che poi la vendette per raccogliere fondi per le missioni in Africa. In alto allo scudo del nuovo stemma papale, campeggia l’emblema dell’ordine di provenienza del Papa, la Compagnia di Gesù: un sole raggiante e fiammeggiante caricato dalle lettere, in rosso, IHS, monogramma di Cristo. La lettera H è sormontata da una croce; in punta, i tre chiodi in nero.Nella parte bassa dello scudo, si trovano due immagini: la stella e il fiore di nardo. La stella, secondo l’antica tradizione araldica, simboleggia la Vergine Maria, madre di Cristo e della Chiesa; mentre il fiore di nardo indica san Giuseppe, patrono della Chiesa universale. Nella tradizione iconografica ispanica, infatti, san Giuseppe è raffigurato con un ramo di nardo in mano. Ponendo nel suo scudo tali immagini, il Papa ha inteso esprimere la propria particolare devozione verso la Vergine e san Giuseppe. E proprio oggi, Solennità di san Giuseppe, il nuovo Papa ha voluto collocare la Messa di inizio pontificato.
Il nuovo anello papale ha già 35 anni di storia di Marco RoncalliConclusa l’elezione, il nuovo Pontefice, come vuole la tradizione, si vede presentare tre modelli tra i quali scegliere il nuovo anello pontificale. È stato così anche per Francesco. E il Papa che non ha rinunciato alla sua croce «povera» indossata da vescovo prima e da cardinale poi, ha indicato per sé il modello di un anello che già ha una piccola una storia: è lo stesso che Paolo VI aveva chiesto allo scultore Enrico Manfrini, e - particolarmente semplice - reca incisa la figura di Pietro che tiene le Chiavi. Paolo VI lo ebbe fra le mani l’anno della sua morte, il 1978, poco prima del delitto di Aldo Moro. Poi, però, poi continuò a usare il suo, quello del Concilio, e non pensò più a sostituirlo. Il modello dell’anello rimase al segretario di Paolo VI, monsignor Pasquale Macchi, e dopo la morte di questi pervenne a monsignor Ettore Malnati, oggi vicario episcopale per la cultura della diocesi di Trieste. È stato lui stesso, sacerdote da sempre vicino ai segretari dei due Papi del Concilio Vaticano II, Pasquale Macchi e Loris Capovilla, poco prima dell’inizio del pre-conclave, a far avere al cardinale Giovanni Battista Re questo modello lasciatogli in eredità da Macchi. Poi la decisione di papa Francesco. L’altro ieri l’orafo pontificio ha completato la fusione ed oggi - durante il rito previsto in piazza San Pietro - questo anello «conciliare» sarà messo all’anulare destro del nuovo «vescovo di Roma» da parte del decano del Collegio cardinalizio, prima della Messa di inizio pontificato. E sarà un anello d’argento dorato e non d’oro, come ha spiegato ieri mattina il portavoce vaticano padre Federico Lombardi, dando l’annuncio della decisione presa da Francesco su uno dei simboli del pontificato. «Anche questa scelta di papa Francesco, solo in apparenza minore, indica una continuità nello stile e nello spirito del Concilio voluto da Giovanni XXIII e concluso da Paolo VI, che sta già facendo rivivere con una sua cifra originale, ma pure con rimandi ai due papi del Vaticano II», osserva monsignor Malnati. Scomparso dieci anni fa, molto apprezzato dal filosofo Jean Guitton, tra gli artisti conciliari vicini a papa Montini, fine medaglista e tra i pochi esponenti di un’arte sacra tutta conciliare, Enrico Manfrini - sempre su commissione di Paolo VI - realizzò anche il calco degli anelli da lui donati ai Padri conciliari a conclusione del Vaticano II, quelli con il Cristo con gli apostoli Pietro e Paolo, come pure le campanelle in bronzo raffiguranti i quattro evangelisti , delicato omaggio di papa Montini agli osservatori del Concilio. Ma c’è altro da ricordare legando il tema dell’anello di Pietro alla festa liturgica odierna. Prima Giovanni XXIII, poi Giovanni Paolo II donarono i loro anelli a san Giuseppe: il primo, all’inaugurazione del Concilio Vaticano II lo inviò al San Giuseppe della Concattedrale di Kalisz, in Polonia, mentre papa Wojtyla, offrì il suo a quello della chiesa carmelitana di Wadowice, sua città natale, in Polonia, in occasione del suo XXV anno di pontificato. Doni accolti con gioia a testimonianza di vincoli spirituali a ricordare l’uomo giusto di Nazareth tanto caro anche all’arcivescovo di Buenos Aires, cardinale Jorge Mario Bergoglio. Quell’uomo rimasto fedele sino alla fine alla chiamata di Dio e oggi patrono universale della Chiesa. E anche papa Francesco ha deciso di mantenere un vincolo con l’arcidiocesi di Buenos Aires, in Argentina. «Il Pontefice donerà alla Cattedrale della capitale argentina l’anello che fino ad ora aveva portato come cardinale arcivescovo. A consegnarlo sarà il vescovo ausiliare di Buenos Aires, Eduardo Horacio Garcìa questo fine settimana». Lo scrive l’Osservatore Romano, riportando quanto riferito da padre Alejandro Russo, rettore della Cattedrale metropolitana di Buenos Aires, che «ha avuto occasione di parlare con papa Francesco e ha subito annunciato un suo gesto, che sottolinea il profondo legame che lega il nuovo Pontefice all’arcidiocesi di cui fino a pochi giorni fa era pastore».