L'OMELIA: «ECCO LE 3 BASI DELLA VITA CRISTIANA»"Riedificheranno le rovine antiche, restaureranno le città desolate", ha esordito il Papa citando il profeta Isaia nell'omelia a Gyumri, in questa seconda giornata del viaggio apostolico in Armenia.
Celebrando la Messa nella piazza centrale Vartanants della seconda città del Paese, totalmente ricostruita dopo il terremoto del 1988, Francesco ha parlato dell'edificazione della vita cristiana. "Che cosa il Signore ci invita a costruire oggi nella vita?" ha chiesto. "E soprattutto: su che cosa ci invita a costruire?".Tre le "basi stabili": la memoria, la fede e l'amore misericordioso.
La memoria, ha detto il Papa, appartiene all'individuo ma anche ai popoli. "Una grazia da chiedere è quella del sapere recuperare la memoria di quello che il Signore ha compiuto in noi e per noi. Egli non ci ha dimenticato, ci ha scelti, amati, chiamati e perdonati". Ricordando poi la storia del popolo armeno, che si pone alle origini della storia cristiana, ha detto: "La memoria del vostro popolo è molto antica e preziosa".
Secondo fondamento è
la fede. Francesco ha messo in guardia contro la tentazione "di ridurla a qualcosa del passato, come un bel libro di miniature da conservare in un museo": la fede "nasce e rinasce dall’incontro vivificante con Gesù, dall’esperienza della sua misericordia che dà luce a tutte le situazioni della vita".
E ha esortato a leggere ogni giorno la parola di Dio, "che accende la gioia nel cuore".
La celebrazione della Messa nella piazza di Gyumri
Terzo fondamento è l'amore misericordioso, definito dal Papa "il biglietto da visita del cristiano": "E’ sulla roccia dell’amore ricevuto da Dio e donato al prossimo che si fonda la vita del discepolo di Gesù". Da qui l'invito, che Francesco non si stanca di ripetere, a "costruire e ricostruire vie di comunione". "Dio dimora nel cuore di chi ama". "Dio abita dove si ama, specialmente dove ci si prende cura dei deboli e dei poveri". E "c’è bisogno di uomini di buona volontà che, di fatto e non solo a parole, aiutino i fratelli in difficoltà". "C’è bisogno di società più giuste dove ciascuno possa avere una vita dignitosa e un lavoro giustamente retribuito".
Ma come si può diventare misericordiosi? "Vorrei ispirarmi a un grande araldo della misericordia divina: san Gregorio di Narek, parola e voce dell’Armenia, che ho voluto proporre all'attenzione di tutti annoverandolo tra i Dottori della Chiesa universale", ha ricordato Francesco. "Ci insegna che è anzitutto importante riconoscerci bisognosi di misericordia e poi, di fronte alle miserie e alle ferite, non chiuderci in noi stessi ma aprirci con fiducia e sincerità al Signore".
Il Papa ha concluso l'omelia, più volte interrotta per cedere la parola al traduttore armeno, con le parole di Gregorio di Narek: “Tu che non sei altro che misericordia, abbia pietà di noi, Signore nostro Dio, secondo la tua grande misericordia. Amen”.
IL SALUTO DEL CATHOLICOS. All'inizio della celebrazione c'era stato il saluto del catholicos Karekin II, il quale aveva ricordato le ferite del genocidio compiuto dal governo dei "giovani turchi" dell'Impero ottomano, denunciato l'odierna "politica persistentemente negazionista" e rievocato gli anni bui dell'ateismo sovietico, con la distruzione delle chiese armene.
Il catholicos Karekin II porge il suo saluto all'inizio della Messa (Lapresse)Dopo la Messa il Papa si è diretto al vicino convento di Nostra Signora dell'Armenia, che ospita 60 orfani, dove ha pranzato in forma privata.LA VISITA AL MEMORIALE: «CON IL BENE SI VINCE IL MALE» (dell'inviato Gianni Cardinale)La seconda giornata di Papa
Francesco in Armenia è iniziata con uno dei momenti più toccanti e attesi di
questa viaggio nella “prima nazione cristiana” della storia. La visita al
Complesso del Memoriale di Tzitzernakaberd, la “collina delle rondini”.
L’imponente edificio costruito a ricordo dei massacri della popolazione armena
sotto l’impero ottomano del 1915. Un vero "genocidio" come ha ribadito
ieri il Pontefice parlando al Corpo diplomatico.
La visita è iniziata alle 8.45
locali (le 6.45 in Italia). Non ci sono stati discorsi. Solo preghiere e gesti.
Il Papa e il catholicos, accolti dal presidente Serzh Sargsyan accompagnato
dalla consorte, hanno percorso l’ultimo tratto del viale che porta al Memoriale
dove il Pontefice ha deposto una corona di fiori. Quindi la discesa nella
camera dove arde la Fiamma perenne a ricordo dello sterminio.
Il Papa ha deposto una corona di fiori al Memoriale del genocidio (Ansa web)Intenso il
momento di preghiera. Con la recita del Padre Nostro, il canto struggente
dell’inno Hrashapar dove si ricordano gli armeni che furono "sacrificati
quali agnelli immacolati, che stavano davanti agli sbranatori imbiestaliti per
impeto irrazionale, eppure non aprirono la loro bocca per rinnegare né il
Signore né la patria". E dove si invoca: "Signore santo e vero, fino a
quando non giudichi e non esigi giustizia della causa del nostro sangue".
Dopo le letture, un vescovo armeno apostolico ha recitato l’”invitatorio” in
cui, "per l’intercessione dei santi martiri, che durante il genocidio
armeno, perirono per Gesù e per la patria" ha chiesto al Signore "la
pace" e la sua "grande misericordia". Infine una breve orazione
recitata dal Papa: "Ascoltaci, Signore, e abbi pietà, perdonaci, espia e
rimetti i nostri peccati".
)Finito il momento di preghiera il Papa con il
catholicos e il presidente si sono recati nella terrazza del Museo. Lungo il percorso
il Pontefice ha benedetto e innaffiato un albero a memoria della visita e poi
ha firmato il Libro d’Onore. "Qui prego – ha scritto -, col dolore nel
cuore, perché mai più vi siano tragedie come questa, perché l’umanità non
dimentichi e sappia vincere con il bene il male", chiedendo a Dio di
concedere "all’amato popolo armeno e al mondo intero pace e consolazione"
e di custodire "la memoria del popolo armeno", perché "la memoria non
va annacquata né dimenticata" in quanto "fonte di pace e di futuro".Infine il commovente saluto ad una decina di discendenti di perseguitati armeni
che a suo tempo furono salvati e ospitati a Castel Gandolfo da Benedetto XV.
Con ciascuno di loro c’è stato un breve ma intenso scambio di parole.Tutto è durato poco più di 45
minuti. Papa Francesco infatti è atteso a Gyurmi, nel nord dell’Armenia dove
vive la comunità cattolica più numerosa del Paese e dove presiede l’unica
celebrazione eucaristica pubblica del suo viaggio.