sabato 22 aprile 2017
La Basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina dal 2002 per volere di Wojtyla è diventata un crocevia della memoria dei cristiani perseguitati. Ricordati tra gli altri don Pino Puglisi e don Santoro
Papa Francesco al memoriale dei «Nuovi martiri»: ecco le reliquie custodite
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È dal 1999 che la Basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina è legata alla memoria dei nuovi “martiri”. In quell’anno infatti Giovanni Paolo II istituì una commissione per raccogliere la documentazione relativa a coloro che avevano dato la vita per Cristo nel XX secolo. Commissione che svolse il suo lavoro proprio in quella chiesa, compilando quasi 12mila schede.

Nel 2002 poi San Bartolomeo divenne – sempre per volere di papa Wojtyla – il “memoriale dei nuovi martiri” del nostro tempo. «Un crocevia della memoria», la definisce infatti il rettore, don Angelo Romano, che attende la visita del Pontefice con grande emozione. «Sappiamo – dice – quanto papa Francesco sia vicino ai cristiani perseguitati a causa della loro fede. E perciò raccogliersi oggi in preghiera insieme con lui sarà come inviare un messaggio alle nostre comunità che per grazia di Dio non subiscono questo tipo di persecuzioni, ma che sono chiamate a non dimenticare il senso e il dono della testimonianza estrema».

Molte sono le reliquie custodite nella Basilica, insieme con le icone dei nuovi martiri. A cominciare da quelle di don Pino Puglisi, amico personale del rettore: una stola e una croce che aveva nella sua camera, sopra al letto. Adesso è diventata una croce astile posta sull’altare che ricorda i martiri dell’Europa. Nella chiesa infatti, i quattro altari laterali sono dedicati ognuno ai martiri di un continente: Europa, Africa, Americhe, e Asia-Oceania-Medio Oriente. Altre due cappelle sono dedicate ai martiri del nazismo e del comunismo. Tra le reliquie più significative figurano il libro di preghiere e una ciocca della barba di padre Massimiliano Kolbe. La ciocca fu tagliata da un barbiere polacco, prima che il martire fosse deportato ad Auschwitz (poiché già all’epoca era considerato un santo). È tutto ciò che rimane del suo corpo, cremato nel lager nazista. C’è anche una lettera di Paul Schneider, detto il “predicatore di Buchenwald”, uno dei pastori riformati che si opposero al nazismo, morto nel 1939, e una missiva di Franz Jägerstätter, laico austriaco che si rifiutò di prestare giuramento a Hitler e fu ucciso per alto tradimento (è stato beatificato da Benedetto XVI nel 2007).

Una reliquia del padre Jerzy Popieluszko, ucciso dal regime polacco, e una patena di padre Alexander Men, teologo ortodosso russo tra i più brillanti della sua generazione, ucciso nel 1990, proprio mentre il regime stava per cadere. Di monsignor Oscar Arnulfo Romero c’è il messale, di monsignor Enrique Angel Angelelli, vescovo di La Rioja in Argentina, ucciso nel 1976 dal regime, si conserva la fascia, mentre del cardinale Juan Jesus Posadas Ocampo, arcivescovo di Guadalajara in Messico, ucciso nel 1993, il pastorale. Inizialmente si disse che era stato assassinato per sbaglio da una banda di narcotrafficanti, in realtà, come ha poi appurato un’indagine condotta dalla Conferenza episcopale messicana, il bersaglio era proprio lui e il livello di complicità nel suo omicidio ha sfiorato alte cariche istituzionali. La sua colpa è stata quella di denunciare che in Messico era arrivati i narcotrafficanti. E all’epoca questo non si doveva dire. Oggi ne vediamo gli effetti nefasti.

Nell’altare dell’Asia c’è la Bibbia di Shahbaz Bhatti, ministro pakistano delle minoranze ucciso nel 2011 e la patena e il calice liturgico di don Andrea Santoro, donati dalla sorella Maddalena. Sul calice è applicata una croce fusa con l’oro delle fedi nuziali dei suoi genitori. Nell’altare dell’Africa c’è una lettera di padre Christian De Chergé, l’abate di Tibihrine, ucciso con altri sei monaci trappisti in Algeria nel maggio 1996, una croce di suor Leonella Sgorbati morta in Somalia nel 2006 e una Bibbia appartenuta a un giovane di Sant’Egidio, Floribert Bwana-Chui, giovane della Comunità di Sant’Egidio di Goma (Congo), torturato e ucciso nella notte tra l’8 e il 9 giugno 2007 per non essersi piegato a tentativi di corruzione. Davanti a queste testimonianze pregherà papa Francesco.

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