venerdì 12 luglio 2013
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Sono diverse e significative le novità introdotte dal Motu Proprio in materia penale che il Santo Padre Francesco ha adottato ieri mentre la Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano approvava una legge di modifica del codice penale e del codice di procedura penale e un’altra legge recante norme complementari ancora in materia penale. Atti che rappresentano un ulteriore segno del rinnovamento che la Chiesa sta perseguendo: vi è l’introduzione dell’ampia categoria dei delitti contro i minori tra i quali la vendita, la prostituzione, la violenza sessuale in loro danno; la pedopornografia; la detenzione di materiale pedopornografico; gli atti sessuali con minori. A tal proposito si segnala che l’attuale legislazione vaticana va persino otre la già severa legge italiana almeno per due motivi: ai fini dell’età del consenso, da cui far discendere la responsabilità penale, considera minore ogni essere umano avente un’età inferiore ai 18 anni (nel codice penale italiano l’età del consenso è fissata a 14 anni, e solo in alcuni casi a 16 anni); i reati sopra citati sono sempre perseguibili d’ufficio (nella legislazione italiana gli atti sessuali con i minori di età superiore agli anni 10 sono perseguibili solo su querela di parte).Aderendo alla Convenzione di Mérida delle Nazioni Unite contro la corruzione, sono state poi introdotte o novellate una serie di figure criminose relative ai delitti contro la pubblica amministrazione: il peculato, l’abuso d’ufficio, la corruzione, la concussione, il traffico d’influenze, la corruzione nel settore privato, l’autoriciclaggio. Non può non evidenziarsi che, per quanto riguarda l’ultima fattispecie, lo Stato vaticano è stato più celere e tempestivo di quello italiano a dotarsi di norme in materia di lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata. A tale proposito si sottolinea ancora l’innovativo art. 33 che prevede, direttamente su istanza dell’interessato, l’adozione da parte del tribunale di adeguate misure di sicurezza per il testimone, la persona offesa o un prossimo congiunto, qualora sussista un concreto ed attuale pericolo per la loro incolumità personale.È stata introdotta la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche derivanti da reato. Anche in questo caso si segnala la più ampia portata della norma incriminatrice vaticana rispetto alla legislazione del nostro Paese. E infatti, a differenza della legge italiana (la n. 231 del 2001 che sanziona le persone giuridiche solo per determinati reati) la legislazione d’Oltretevere prevede ora che, in presenza di determinate condotte omissive o commissive, esse siano sempre responsabili allorquando i reati siano stati commessi «nel suo interesse o a suo vantaggio».Vi è infine il capitolo non meno interessante sul nodo – a volte spinoso – della cooperazione ed assistenza giudiziaria agli altri Paesi. Ebbene lo Stato Città del Vaticano ha previsto, nella legge recante modifiche al codice penale e al codice di procedura penale, che «Per quanto concerne le rogatorie e l’estradizione (…) si osservano le convenzioni internazionali ratificate, gli usi internazionali e le leggi» (art. 37); «Agli Stati richiedenti è assicurata la più ampia assistenza giudiziaria per qualsiasi inchiesta o procedimento penale, nei modi e nei limiti previsti dall’ordinamento» (art. 38); «Nei casi espressamente previsti dalle convenzioni internazionali ratificate, non potrà essere invocato il segreto bancario per respingere una domanda di assistenza giudiziaria» (art. 40); «Nessuno dei reati di cui alla presente legge può essere considerato come un reato fiscale o come un reato politico o connesso ad un reato politico o ispirato da motivi politici, al fine di negare l’estradizione o l’assistenza giudiziaria» (art. 46).Si tratta, come è evidente, di significative innovazioni legislative in materia penale, che erano state messe alla studio su indicazione e impulso di Benedetto XVI e che la recente ascesa al soglio pontificio di papa Francesco ha accelerato nella consapevolezza dell’urgenza per la Chiesa non solo di essere, ma anche di apparire senza ombre, e in tutte le sfaccettature dell’agire umano (anche quelle apparentemente più "tecniche"), annunciatrice credibile del messaggio evangelico. Papa Francesco avverte e segnala la necessità impellente che la Chiesa, madre e maestra, sia «luce e sale» di un mondo «affaticato e oppresso», testimone autentica della bellezza e della gioia dell’incontro con Cristo Risorto e compagna fedele dei poveri, degli emarginati e degli ultimi della terra. Ma per fare ciò, per avere la credibilità d’illuminare la coscienza troppe volte sopita dell’uomo moderno, la Chiesa non deve poter essere accusata di fare sconti a se stessa. Ha, certo, l’autorevolezza di indicare «la via, la verità e la vita» all’uomo che cade e stenta a rialzarsi, ma deve essere rigorosa in tutte le sue prassi, i suoi costumi e negli stili di vita per dimostrare ai suoi figli che è possibile non rassegnarsi alla banalità e mediocrità esistenziale della spasmodica ricerca del sesso senza amore, della ricchezza senza progresso comune e del potere senza servizio. Le riforme legislative in materia penale vanno in questo senso e indicano questo percorso.Qualcuno un giorno ha detto che alla fine dei tempi il Signore Gesù ci chiederà non quanto siamo stati credenti bensì quanto siamo stati credibili. Anche con l’introduzione di queste modifiche al sistema penale dello Stato Città del Vaticano, il Papa ci invita tutti, come corpo vivo della Chiesa di Cristo, a essere credibili sapendo però che ciò sarà possibile solo se saremo stati prima autenticamente credenti.
*direttore del Dipartimento di Scienze umane dell’Università Europea di Roma;
** docente di Scienze criminali presso lo stesso Ateneo
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