Due regioni sono chiamate alle urne - (Dorian Solinas, opera - archivio Avvenire)
Dopo tre mesi di pressoché continua bagarre elettorale, la parola passa - finalmente - agli elettori. Alle ore 7, si aprono i seggi (si potrà votare fino alle 23) per eleggere il presidente della giunta e i componenti delle assemblee regionali in Emilia-Romagna e in Calabria. Subito dopo la conclusione delle operazioni di voto che nel complesso riguardano quasi 5,5 milioni di cittadini, quindi dalle 23, partirà lo scrutinio.
Senza nulla togliere all’appuntamento calabrese, i riflettori sono accesi soprattutto sul voto nella Regione ininterrottamente governata, sin dal 1970 con Guido Fanti, dagli eredi dell’ex Pci. Qui, oltre 3,5 milioni di cittadini (di cui, per l’esattezza, 1.707.781 uomini e 1.807.758 donne), disseminati in 4.520 sezioni di 328 Comuni, sono chiamati a scegliere fra 7 candidati governatori sostenuti da 17 liste (più 6 rispetto al 2014). Nonché fra 739 candidati (33 si sono presentati in più circoscrizioni) in corsa per uno dei 50 posti nel Consiglio regionale.
Sono regionali, queste, che tengono col fiato sospeso perché l’esito è incerto, la posta è altissima e il risultato lascerà pochissimo spazio alle interpretazioni: da una parte ci saranno i vincitori, dall’altra gli sconfitti, senza margini di mediazione. Fino all’ultimo il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e vari big della maggioranza si sono affannati a ripetere che, quale che sia l’esito, non ci saranno ripercussioni sul governo M5s-Pd-Leu-Iv. In realtà, proprio la ripetitività delle dichiarazioni in tal senso fa capire che il problema si porrebbe se, a sorpresa, dovesse prevalere Lucia Borgonzoni, la "candidata-ombra" vissuta di luce riflessa dal suo leader Matteo Salvini, che non si è certo risparmiato nel girare in lungo e in largo le due regioni.
La differenza fra l’essere da una parte o dall’altra, alla fine, potrebbero farla pochi voti. Per questo si guarda con interesse anche al fenomeno del voto disgiunto (solo in Emilia si può votare per un candidato presidente e per una lista diversa, che appoggia un altro candidato), con cui soprattutto il Pd strizza l’occhio ai nuovi alleati grillini, dato che il loro candidato Simone Benini è accreditato di poche chances. E soprattutto si guarda all’affluenza, vera chiave di lettura del voto emiliano-romagnolo. Cinque anni fa, nel novembre del 2014, colpì il picco negativo: per il primo mandato Bonaccini vinse con solo il 37% degli aventi diritto che andarono a votare.
Una rapida guida dice, sommariamente, che se l’affluenza sarà bassa sarà un vantaggio per il centrosinistra, perché vorrà dire che si sarà mobilitato soprattutto il tradizionale voto "di appartenenza". Se viceversa dovesse rivelarsi alta, potrebbe essere un segnale del manifestarsi di quel voto anti-governo che potrebbe penalizzare Bonaccini. Non a caso alle Europee del 26 maggio, che videro il tracollo di 5 stelle e l’exploit della Lega, la partecipazione fu del 67%.
Conterà pure la ripartizione geografica: per tradizione, il nucleo forte della sinistra è l’area di Bologna, Modena e Reggio Emilia; nelle zone di Ravenna, Parma, Forlì e Cesena vige un sostanziale equilibrio; mentre il centrodestra è egemonico a Piacenza, Ferrara, Rimini e nella provincia di Parma.
In Calabria, invece, sono circa 1,8 milioni gli elettori che potranno scegliere fra 4 sfidanti: Jole Santelli, per il centrodestra; Filippo Callipo, per il centro-sinistra; Francesco Aiello (M5s e Calabria Civica) e il "civico" Carlo Tansi.