mercoledì 2 settembre 2020
I dati allarmanti sull’aumento di malati in corsia confermano che il Covid non è cambiato e che, se libero di circolare, fa ancora male. «Ora serve uno scatto di responsabilità»
In ospedale

In ospedale - Ansa

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Di pazienti giovani, intubati nella Terapia intensiva dell’ospedale Amedeo di Savoia di Torino, il responsabile di Malattie infettive Giovanni Di Perri ne ha avuti tre. L’ultimo, 26 anni, un mese fa. «Se l’è cavata, come fa generalmente chi ha quell’età grazie a una riserva funzionale complessiva più robusta – spiega –. È chiaro che a un uomo di ottant’anni con un’insufficienza cardiaca, tanto per fare un esempio, se togli un polmone e mezzo per respirare togli anche quasi tutte le speranze di sopravvivere». Il punto, però, è che nelle terapie intensive d’Italia i 26enni restano eccezioni, anche se più frequenti nelle ultime settimane. «I più fragili invece no, ed è questa la cosa che mi mette sempre più a disagio».

Cosa intende dire, professore?
Abbiamo assistito a un’estate vissuta sull’onda del diritto alla vacanza. Sacrosanto, per carità, non lo discuto. Io stesso sto trascorrendo qualche giorno fuori Torino, con la mia famiglia. L’effetto di queste vacanze, tuttavia, dal punto di vista epidemiologico è sotto i nostri occhi: l’impennata dei casi delle ultime settimane è fortemente legata ai contagi da rientro dei più giovani. E non a caso l’età media dei contagiati è scesa addirittura sotto i 30 anni. Il mezzo bicchiere pieno a cui guardare è che, cambiato il “serbatoio” del virus, sono cambiati anche i suoi sintomi: i ragazzi sono per lo più asintomatici, stanno bene, non finiscono in ospedale. Ma il virus, che non è affatto cambiato, circola ed ora è tornato a circolare di più.

Risultato, più ricoveri e le terapie intensive che tornano a riempirsi...
Esattamente, soprattutto delle persone più fragili e più a rischio, non certo dei ragazzi. Ecco perché parlavo di quello che ora inizio ad avvertire come un forte disagio: non succede nulla a chi torna dalla Croazia col virus e io ne sono contento, ma il virus torna con lui e colpisce qualcun altro di cui io mi faccio carico in ospedale. Avevi il diritto ad andare in vacanza in Croazia? Sì, ma io non ti dico che sono contento. La nostra fortuna, in questo momento, è al contrario proprio la responsabilità delle categorie più a rischio: sono gli anziani e i grandi anziani che si stanno mettendo in sicurezza rispettando le regole, circolando di meno, usando protezioni e mascherine. E il risultato è che sono anche una percentuale ormai irrisoria tra i nuovi contagiati. Adesso però è il momento che la stessa responsabilità venga dimostrata dai più giovani. Non siamo tornati alla normalità, nonostante qualcuno voglia scendere in piazza per urlarlo al Paese. È ora il momento della responsabilità, da parte di tutti.

In Piemonte siete in allarme per l’aumento dei ricoverati in rianimazione?
Assolutamente no: ne abbiamo 7, al picco dell’epidemia ne avevamo oltre 400. E non credo che andremo in affanno in inverno: abbiamo imparato a gestire questi pazienti in maniera graduale, ricorriamo all’intubazione solo in casi estremi, ci affidiamo a maschere e caschi sempre più efficaci e a terapie che funzionano. Siamo preparati, adesso, anche all’ondata di patologie respiratorie non-Covid che ci aspettano nei prossimi mesi.

E la scuola?
Avremo contagi, ma se sapremo individuarli e contenerli come stiamo facendo, anche grazie a un numero straordinario di tamponi, andrà bene.

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