Il ritardo e gli ostacoli alla vaccinazione degli "invisibili" configurano «un’ipotesi di discriminazione istituzionale» e impediscono «a queste persone l’accesso a una prestazione sanitaria essenziale comportando, in una situazione di pandemia, un pericolo per la salute pubblica, oltre che per quella privata». Lo scrive Triantafillos Loukarelis, direttore generale dell’Unar, l’Ufficio antidiscriminazioni della Presidenza del Consiglio, in una lettera al generale Francesco Paolo Figliuolo, commissario straordinario per l’emergenza Covid-19. Segnala «l’impossibilità pratica di prenotarsi attraverso il portale utilizzato dalle diverse Regioni per la vaccinazione». Tranne pochi casi.
Mentre «esistono diverse realtà regionali che hanno autonomamente provveduto a individuare canali di prenotazione paralleli, così da consentire anche a tali persone la possibilità di accedere al vaccino. Tali modalità, tuttavia, per la loro estemporaneità e specialità, non sempre sono in grado di garantire una reale parità di accesso, generando dunque forme di discriminazione "a macchia di leopardo", in maniera differenziata a seconda della Regione o addirittura a seconda del distretto sanitario di riferimento».
Regioni ancora avanti in ordine sparso sulle persone in stato di irregolarità. Geraci (Caritas): «Manca ancora un’indicazione nazionale e ognuno si arrangia»
È quello che denunciano da tempo la Caritas e le altre associazioni aderenti al Tavolo immigrazione e salute e al Tavolo nazionale asilo e immigrazione. Come ci spiega Salvatore Geraci, responsabile dell’area sanitaria della Caritas di Roma e membro della Società italiana di medicina delle migrazioni. Solo sette Regioni permettono anche a queste persone di prenotarsi attraverso il portale online: Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Campania, Puglia, Sardegna e Calabria. «A questa procedura "ordinaria" – spiega Geraci – si aggiunge quello che alcune Regioni e Asl stanno facendo: offerta attiva con camper, open day, open night, liste inviate dalle associazioni. Nel Lazio finora si sono mosse singole Asl ma dopo l’attacco informatico qualcosa sembra si stia sbloccando a livello regionale. Però manca ancora un’indicazione nazionale e ognuno si arrangia».
Eppure, come ricorda il direttore dell’Unar nella sua lettera, il sito dell’Aifa, l’agenzia del farmaco, «a seguito dell’ultimo aggiornamento (22 luglio), riporta uno specifico quesito “Chi ha diritto alla vaccinazione?” al quale risponde che l’accesso deve essere garantito a tutte le persone residenti o comunque presenti sul territorio italiano con o senza permesso di soggiorno o documenti di identità, inclusi i possessori del codice Stp (Stranieri temporaneamente presenti) o Eni (Europeo non iscritto), i detentori del codice fiscale numerico o quanti ne sono privi, i possessori di tessera sanitaria scaduta e che rientrano nelle categorie periodicamente aggiornate dal Piano vaccinale». Ma questo non è accaduto.
Così, prosegue la lettera, «si configura quindi come discriminatoria e illegittima qualsiasi forma di limitazione o esclusione di alcune fasce di popolazione presenti sul territorio che anzi, in ragione della particolare situazione di vulnerabilità in cui si trovano, dovrebbero essere destinatarie di azioni positive mirate che dovrebbero agevolarle, sulla base delle singole condizioni di marginalità sociale, economica e contestuale, nelle procedure di accesso ai vaccini». Inoltre, «rispetto alla dimensione solidaristica del diritto alla salute, occorre sottolineare il rischio aggravato di diffusione del contagio per focolai relativo a persone che si trovano spesso a condividere spazi di vita e lavoro caratterizzati da particolare commistione e promiscuità, così come in relazione a persone prive di reti sociali e amicali di riferimento (come spesso è il caso per le persone senza dimora) che si trovano nell’impossibilità materiale di aderire alle più basilari regole di igiene e prevenzione del contagio».
Ora, di fronte all’«impossibilità pratica di prenotarsi attraverso il portale utilizzato dalle diverse Regioni per la vaccinazione», il direttore dell’Unar propone «un’integrazione dell’ordinanza n.7/2021, adottata dal Commissario straordinario per l’emergenza Covid-19, che disciplina le modalità di accesso di diverse categorie non iscritte al Servizio Sanitario Nazionale, per le quali è necessario un sistema di prenotazione specifico, con l’assegnazione di un codice univoco che garantisca a tali soggetti di prenotarsi e accedere alla vaccinazione senza disparità di trattamento».
È quanto avevano scritto le associazioni lo scorso 29 luglio chiedendo al ministro della Salute e ai governatori «di assicurare gli opportuni strumenti amministrativi e tecnologici (con particolare riferimento ai portali regionali), per garantire l’effettiva possibilità di poter accedere alla vaccinazione a tutte le categorie di cittadini presenti sul territorio, indipendentemente dalla posizione giuridico-amministrativa nei confronti del Ssn». Ma l’Unar chiede anche che sia garantita «la possibilità per tutte queste categorie di persone di ottenere il green pass in condizioni di parità di trattamento». Se fosse troppo difficile, suggerisce Geraci, «si potrebbe applicare una deroga autorizzando la semplice certificazione di avvenuta vaccinazione».